Il Canada ha fatto marcia indietro e accettato di non colpire i profitti delle Big Tech, l’Europa sembra pronta a un compromesso sulla Digital Tax, vero oggetto del ricatto dietro la minaccia dei dazi e la ragione profonda della processione del bacio della pantofola nei confronti di Donald Trump da parte di tutti i CEO delle grandi aziende tecnologiche.
Nel frattempo il Senato USA approva il Big, Beautiful, Bill di Trump, un ingente trasferimento fiscale dai più poveri ai più ricchi: tagli delle tasse concentrati sui redditi alti, mentre impone forti tagli al Medicaid per i più poveri.
Tra gli 11 e i 16 milioni di persone perderanno l'assicurazione sanitaria. Altri milioni perderanno l'assistenza alimentare. Il 10% più povero degli americani perde 1.600$ all'anno, mentre il 10% più ricco avrà un beneficio di 12.000$.
Trump tentò già nel 2017 di ridurre la spesa sanitaria abolendo l'Obamacare, la riforma sanitaria che negli anni precedenti aveva dimezzato il numero di americani senza assicurazione sanitaria. Non ci riuscì, ma il suo disegno è rimasto lo stesso e oggi è riuscito a realizzare quanto aveva in mente.
Per soddisfare la sua base elettorale, Trump aumenta le risorse per la famigerata agenzia Immigration and Customs Enforcement (ICE), le squadracce di uomini che agiscono mascherati e senza divisa per prelevare con la forza immigrati presunti illegali e spedirli in campi di confino o in carceri di giurisdizione straniera, come a El Salvador.
A seconda delle stime, il Big Beautiful Bill di Trump aggiungerà tra i 3.000 e i 4.000 miliardi$ al debito pubblico degli Stati Uniti nel prossimo decennio, con una inevitabile ricaduta di costo crescente del debito e di interessi da servire attraverso prelievi fiscali.
E non è tutto: Trump vuole la testa di Jerome Powell, il cui mandato da presidente della Fed scade il prossimo maggio. Lo ha già ricoperto di epiteti come “persona stupida”, o “idiota” per non aver tagliato i tassi di interesse, cosa che Powell ha fatto per evitare di dar carburante al rischio inflazione mentre la Casa Bianca fa una guerra commerciale al resto del mondo.
Lo sviluppo degli eventi proietta un’ombra scura sulla democrazia e sul suo funzionamento, ma per comprendere il quadro completo serve dedicare qualche minuto a una analisi storica del sistema economico-politico che gli esseri umani hanno sviluppato nei secoli.
Siamo creature che rispondono alle leggi dell’Evoluzionismo darwiniano. Ci riproduciamo a prescindere dalle disponibilità di nutrimento (cosa che fece fare a Malthus le previsioni più errate della storia) e, di conseguenza, abbiamo imparato a competere con i nostri vicini per il cibo e le risorse. Ma l’adattamento darwiniano prevede anche che si compete in modo più efficace lavorando in gruppo, per vantaggi in termini di produttività derivanti dalla divisione del lavoro (come intuito da Adam Smith) e in parte alla maggior sicurezza data al singolo dall’appartenenza a un gruppo (e dalla numerosità del gruppo). Di conseguenza, noi esseri umani siamo diventati sia concorrenti in competizione che creature cooperative.
Nelle prime società tribali c'era un'intensa competizione per i ruoli di leadership, che garantivano le migliori opportunità di riproduzione e di alimentazione. I leader in carica erano quindi motivati a stabilire diritti ereditari e altre strutture sociali volte a mantenere lo status quo, con loro al vertice dell'ordine sociale per trasmettere i loro privilegi alla loro genìa.
Per il semplice peso dei numeri, la leadership delle tribù più grandi era inevitabilmente più sicura nella propria posizione rispetto a quella delle tribù più piccole. Pertanto, i leader delle tribù più grandi erano incentivati a fare M&A, ovvero fusioni (matrimoni d’interesse) e acquisizioni di (con) altre tribù.
(analogamente a quanto ancora oggi vediamo tra le aziende)
Siamo giunti così a formare dei regni: controlli di singoli gruppi umani su vaste aree di territorio. La competizione tra regni incentivò la sofisticazione amministrativa e bellica. Dal punto di vista economico, l'élite al potere voleva mantenere la propria posizione, la conservazione dello status quo e la stagnazione sociale erano la direttiva principale di coloro che erano al vertice. Per questo abbiamo avuto secoli di stagnazione economica.
La ricchezza fluiva verso l'alto, dai poveri ai ricchi, alla corte reale che gestiva gli eserciti e l'inevitabile apparato di sicurezza. Era facile scivolare dalla classe contadina alla schiavitù, mentre salire di classe sociale era quasi impossibile. Di tanto in tanto le tasse per la classe contadina diventavano troppo onerose da sopportare o la generosità della corte troppo eccessiva da tollerare, nel qual caso i contadini si ribellavano e cadevano delle teste.
Partendo da 10mila anni fa, questo schema si è ripetuto per circa 9.700 anni, 97 secoli in cui il tenore di vita dell'Umanità migliorò a un ritmo così lento da essere quasi impercettibile nell’arco di diverse generazioni. Poi, a metà del XVII secolo, con l'inizio dell'Illuminismo, le cose hanno iniziato a cambiare. Copernico e Galileo avevano dimostrato che era possibile innovare la conoscenza scientifica, che era possibile migliorare il vecchio ordine: migliorare le cose, anziché aderire all’ordine costituito, era “improvvisamente” una ambizione realistica.
William Shakespeare tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600 sembra intuire il cambiamento in arrivo; scrisse opere teatrali così incredibilmente intelligenti e straripanti di erudizione da aver indotto molti a credere che il loro autore non poteva essere un comune cittadino di una cittadina rurale come Stratford-upon-Avon. Il vero autore doveva essere un gentiluomo colto di altissimo rango.
Il mistero è irrisolto, ma il dato di fatto è che nei suoi drammi troviamo personaggi in tensione fra un mondo di titoli e privilegi per discendenza e un mondo in cui le capacità individuali possono cambiare i destini. L'Inghilterra divenne Repubblica nel 1649, non ci fu un passaggio improvviso a un sistema democratico moderno con suffragio universale, ovviamente, ma comunque fu l’inizio della seconda fase della storia politica umana: la democrazia moderna.
La monarchia fu ripristinata pochi anni dopo, ma il genio della democrazia era stato liberato dalla lampada e il Parlamento ora aveva la consapevolezza di potersi affermare. Una seconda rivoluzione portò nel 1689 alla Carta dei Diritti che assegnava il trono a Guglielmo d’Orange, ma allo stesso tempo garantiva libere elezioni parlamentari, libertà di parola e assegnava i poteri fiscali al Parlamento, con il mandato di difendere i “diritti e le libertà indubitabili del popolo di questo regno”.
Il resto del mondo si adeguò, anche se alla Storia (e ai popoli) serve tempo: la Dichiarazione d'indipendenza americana (1776), includeva il concetto di uguaglianza dei diritti fu nuovamente affermato con forza:
“Tutti gli uomini sono creati uguali, e sono dotati dal Creatore di alcuni diritti inalienabili, tra cui la vita, la libertà e la ricerca della felicità.
I governi sono istituiti tra gli uomini, derivando i loro giusti poteri dal consenso dei governati, che ogni volta che una qualsiasi forma di governo diventa distruttiva di questi fini, è diritto del popolo alterarla o abolirla e istituire un nuovo governo”.
Poi venne la Rivoluzione francese nel 1789, anche stavolta con una dichiarazione fondamentale sui diritti dei cittadini sotto forma di Dichiarazione dei diritti dell'uomo; in scia a quella americana, il primo articolo affermava che gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali, mentre il terzo articolo dichiarava che la sovranità ha le sue origini nella nazione.
Il salto della Storia era compiuto: anziché sostituire un sovrano feudale con un altro, come era sempre accaduto nei secoli, per la prima volta “I governi sono istituiti tra gli uomini e traggono i loro giusti poteri dal consenso dei governati”.
Il periodo feudale, veniva archiviato e iniziava il periodo democratico, con un sistema di controllo circolare (e non lineare, per discendenza). Il progresso economico, lo sviluppo del benessere e della qualità della vita umana iniziò ad accelerare proprio nel periodo delle rivoluzioni inglese, americana e francese. Potrebbe essere solo una coincidenza che il progresso economico di quel periodo abbia interessato solo l'Inghilterra, l'America e l'Europa occidentale. Potrebbe essere solo una coincidenza che, oggi, i paesi con il tenore di vita più elevato siano in stragrande maggioranza democrazie.
Ma forse non è una coincidenza. La democrazia, con la sua struttura di governance circolare, è la vera causa del progresso economico, del benessere e del miglioramento della qualità della vita umana.
Una società feudale è una piramide con alla base un gran numero di persone con redditi e/o patrimoni molto bassi e al vertice un piccolo numero di persone con redditi e/o patrimoni molto elevati. L'economia del settore privato e quella del settore pubblico in una società feudale, nel rispetto delle leggi darwiniane, spinge la ricchezza a fluire verso l'alto attraverso la piramide sociale, mantenendo la polarizzazione della ricchezza e dei privilegi: i profitti del commercio e dei redditi fondiari vanno verso il vertice della piramide, mentre la tassazione colpisce la base per sostenere gli interessi dell'élite al potere.
Per questo, in un sistema feudale, una volta raggiunta la cima della piramide, la ricchezza rimane in gran parte stagnante, poiché l'élite al potere ha pochi incentivi a farne uso: nell’alveo delle leggi darwiniane, il loro obiettivo è semplicemente quello di rimanere al vertice della piramide, mantenendo l'intero sistema nello status quo.
La democrazia invece funziona diversamente: prevede un'inversione compensativa della direzione del flusso del sistema fiscale, da regressivo a progressivo. Da un sistema che faceva ricadere la maggior parte dell'onere sui poveri a uno concepito per colpire proporzionalmente di più sui ricchi.
L'inversione della direzione del flusso fiscale, causata dalle rivoluzioni democratiche, ha dato origine ad un sistema “circolatorio” dell’economia: il capitalismo spinge la ricchezza verso l'alto nella piramide sociale, mentre la democrazia, con la tassazione progressiva, agirebbe nella direzione opposta per spingerla verso il basso.
Invece che lamentarsi del fatto che esistono le disuguaglianze e che c’è gente che si arricchisce, la democrazia riconosce il motore sociale che deriva dalla possibilità di arricchirsi, accetta che ci siano disuguaglianze, ma al tempo stesso chiede che il contributo alla società sia progressivo e non solo proporzionale.
Nel nuovo flusso circolatorio, l’effetto del naturale spirito competitivo darwiniano cambia: coloro che si trovano al vertice della piramide non sono più così sicuri della loro posizione, gli assetti sociali ed economici sono ora più mobili, non più regolati da diritti di censo. La fiscalità progressiva mina continuamente la loro posizione, chi si trova al vertice e vuole rimanerci deve ora competere per farlo.
Alla base dell'ordine sociale, il desiderio darwiniano di salire più in alto nella piramide diventa ora possibile: ci sono meno restrizioni sociali e minor carico fiscale, si genera una significativa pressione competitiva, consentendo a (qualcuno direbbe “obbligando”, non rendendosi conto della benedizione) tutti di competere per andare avanti.
Il risultato di tutto questo è l’aumento della crescita economica generato dalla ricerca darwiniana dell'interesse personale, poiché le persone competono per superare e rimanere davanti ai propri pari: la partnership tra democrazia e capitalismo spinge in avanti la crescita economica, il benessere dei cittadini e la qualità del loro tenore di vita.
La tenuta del modello
Questo modello “circolatorio” di crescita economica, di distribuzione della ricchezza e del reddito, dell'imprenditorialità e della mobilità sociale è oggi in pericolo. Ed il rischio non può essere ignorato con una alzata di spalle: si tratta del nostro più prezioso tesoro condiviso.
La disparità di reddito e/o di patrimonio, nella società, è essenziale come motore della crescita, perché pone il mantenimento della pressione competitiva al centro del modello. Questo genera l’equivoco che le disuguaglianze non vadano combattute. Ma il modello è “circolatorio” laddove da una parte accetta la tendenza fisiologica alla polarizzazione della ricchezza e del reddito e dall’altra comprende che questo può essere integrato con l’equità fiscale.
Gli elettori di destra trovano sgradevole che si riconosca un ruolo positivo alla tassazione e alla spesa pubblica, come fattori che contribuiscono al progresso economico.
Ricorderete le facili ironie sulla frase dell’allora ministro Padoa Schioppa “le tasse sono una cosa bellissima”
A sinistra detestano l'idea che la disparità di reddito sia essenziale per la crescita economica.
Ma se ci si dedica un minimo ad analizzare l’esperienza storica la conclusione che il progresso economico è associato ad una miscela virtuosa di disparità di reddito e di equità fiscale è suffragata da prove schiaccianti.
Equità fiscale
Per equità fiscale si intende anche l’eliminazione di scappatoie legali per chi cerca di minimizzare i propri oneri. Gli esponenti della sinistra spesso puntano il dito moralizzatore verso le strategie di minimizzazione fiscale del settore privato, se un'azienda decidesse di non sfruttare una strategia legale di minimizzazione fiscale diventerebbe vulnerabile alla concorrenza o all'acquisizione da parte di un rivale che invece è disposto a sfruttare la scappatoia. In una situazione del genere, la decisione moralmente elevata risulta dannosa e inutile.
Per questo motivo, coloro che criticano il settore privato perché sfrutta le scappatoie fiscali farebbero meglio a rivolgere la loro ira contro i legislatori e le da loro spesso amate istituzioni, responsabili dell'elaborazione delle regole piuttosto che contro coloro che, darwinianamente, sono costretti a sfruttarle.
Nel nostro braccio abbiamo bicipiti e tricipiti, muscoli antagonisti, entrambi necessari, ma ciascuno ostacola il funzionamento dell'altro. Il meccanismo è lo stesso, nel modello di crescita circolatoria: la fiscalità contrasta la spinta naturale della corrente ascensionale che porta la ricchezza a concentrarsi verso il vertice della piramide sociale.
In una prospettiva “illuminata”, più alta e più a lungo termine, si può vedere che il settore pubblico e quello privato, nel contrastarsi, lavorano insieme per tenere attivo il motore competitivo del progresso economico, mantenendo vivo il flusso circolatorio della ricchezza.
Riconoscere e comprendere questi ruoli contrastanti sarebbe un ingrediente essenziale nella preparazione di chi fa politica, ma quando i governati assegnano il potere di governare a dei legislatori che hanno interesse diretto a che il settore pubblico non possa agire con adeguata forza, o che intendano approfittarsi del ruolo di governo per facilitare il flusso della ricchezza verso l’apice della piramide, frenando il flusso dell’equità fiscale, il modello diventa a rischio.
L’equilibrio necessario
Se accettiamo che il capitalismo e la democrazia funzionino in un conflitto creativo, come una coppia di muscoli antagonisti, possiamo speculare su cosa accadrebbe se la forza di questi due muscoli diventasse squilibrata.
Se il settore pubblico diventasse eccessivamente dominante, la tassazione aumenterebbe e l'attività imprenditoriale sarebbe depressa. Man mano che l'attività del governo arriva a dominare completamente l'economia, il sistema diventerebbe un'economia senza crescita (è infatti ciò che accade ad ogni esperimento marxista).
Al contrario, se il lato democratico diventasse troppo debole e quello capitalista troppo dominante, avremmo un accumulo di ricchezza al vertice della piramide, trasformando l'economia fino a farla tornare ad un modello essenzialmente feudale. Anche questo soffocherebbe la crescita. Di segnali di ritorno al feudalesimo ne avevamo già parlato, in altro modo, qualche mese fa.
Le due condizioni limite di non crescita sono quindi lo squilibrio tra le forze da un verso o dall’altro. Non a caso, infatti, le economie di maggior successo presentano un equilibrio tra settore pubblico e privato, mentre gli Stati falliti – come la Somalia e la Corea del Nord, ad esempio – si posizionano sulle ali della distribuzione, avendo un governo chiaramente troppo assente o troppo forte.
Debito
Un ruolo essenziale nella circolazione della ricchezza è il debito. Poter contrarre debito è uno dei privilegi del vivere in democrazia: chi ha una buona idea può provare a realizzarla grazie al credito, mentre in un mondo feudale bisogna prima essere nati in una famiglia fortunata, altrimenti le idee rimangono pure velleità (a detrimento delle potenzialità sociali condivise).
Tuttavia il debito privato si sviluppa verticalmente attraverso la piramide della ricchezza, perché chi si trova al vertice della piramide ha maggiori probabilità di disporre di denaro da prestare rispetto a chi si trova ai livelli inferiori.
Chi si trova alla base della piramide sociale tende ad essere considerato più a rischio di non poter rimborsare un prestito rispetto a chi si trova ai livelli superiori della piramide. Per questo motivo, i tassi di interesse applicati sul debito delle persone più povere sono più elevati di quelli applicati alle persone benestanti. Ad esempio, secondo le ultime rilevazioni della Banca d'Italia il tasso medio di interesse delle carte di credito a pagamento rateale fino a 1.500 euro è del 16,71% (mentre il tasso ufficiale di sconto fissato dalla BCE è 2%)
Date le disparità di ricchezza e di tassi di interesse che attraversano la piramide sociale, chi si trova al vertice presta denaro a chi si trova alla base. Naturalmente, nella pratica questo avviene in modo diretto o in modo indiretto (attraverso istituzioni, come le banche, che a loro volta sono di proprietà di chi si trova al vertice). Il processo di prestito di denaro in modo verticale attraverso la piramide sociale, a tassi di interesse differenziati, è una delle ragioni principali alla base della naturale tendenza del settore privato a generare un effetto di risalita “spontanea” della ricchezza dal basso verso l'alto della piramide sociale.
In una società democratica moderna, è molto importante che il sistema fiscale sia organizzato in modo progressivo, in modo che il pagamento degli interessi sul debito pubblico siano, alla fine, prelevati in misura proporzionalmente maggiore dalla cima della piramide sociale.
Progressività ed equità fiscale
In Italia lo scaglione fiscale massimo, quello che secondo il principio di progressività fiscale dovrebbe colpire i ricchi, parte dai 50mila€ annui lordi di reddito. Chi guadagna 50mila lordi annui o chi ha un reddito di 500mila è, per il fisco, ugualmente ricco.
La fiscalità italiana, da Costituzione, dov’essere progressiva, e “infatti” esistono più aliquote, per diversi scaglioni di reddito:
Ma, con un po’ di onestà intellettuale, che razza di progressività è mai questa?
Un impiegato con un po’ di anzianità può essere parificato ad un amministratore delegato per aliquota fiscale sui redditi e sentirsi dire che il sistema fiscale è progressivo?
I proventi finanziari non vengono tassati finché non si realizzano in moltissimi regimi fiscali. Negli USA i grandi magnati che ricevono bonus milionari, li ricevono in azioni e stock option, sulla cui rivalutazione non vengono tassati e piuttosto che vendere loro preferiscono usare le loro azioni, i loro immobili, come collaterale per farsi dare linee di credito a cui accedere per comprare ciò che desiderano. La differenza è lampante: non vendendo non subiscono imposizione fiscale, pur stando in cima alla piramide. Che razza di progressività è mai questa?
Il Big Beautiful Bill di Trump taglia le tasse principalmente ai ricchi, e nel bilancio pubblico le compensa con tagli alla spesa destinata all'assistenza sanitaria per i poveri e con le entrate derivanti dai dazi, che incidono maggiormente sui consumi di lavoratori e classe media. Che razza di progressività è mai questa?
Le grandi aziende del settore tecnologico fanno arbitraggio fiscale mettendo la sede operativa in Irlanda o spostando i redditi infragruppo dove conviene di più, ma anziché far leva sulla moralità e prendersela con loro, dovremmo chiedere a chi legifera: che razza di progressività è mai questa?
È comune sentire affermazioni del tipo “i miliardari non dovrebbero esistere”. Chi sostiene queste opinioni commette un errore di valutazione, come lo commette chi pensa che l’unica tassazione buona sia una tassazione assente.
Senza progressività, senza equità fiscale, il flusso di circolazione della ricchezza si interrompe, il capitale continua a fluire “spontaneamente” verso l’alto senza meccanismi che vi si oppongano. Quello che finisce nel cestino, in tutto questo, non è solo una società che ha una apparenza migliore, quello che finisce nel cestino è la democrazia, la prospettiva di crescita, di miglioramento del benessere e del tenore di vita delle generazioni future.
https://www.youtube.com/watch?v=IrrADTN-dvg
Futurama: stagione 3, episodio 15.
"All civilization was just an effort to impress the opposite sex".
se vogliamo parafrasare: la civilizzazione, il progresso scientifico, ed in ultima analisi l'allargamento della torta della ricchezza da cui ognuno attinge per fare la vita che desidera è figlio dello sforzo competitivo per impressionare il sesso opposto (ed alle volte lo stesso sesso).
Il nocciolo della questione gira attorno a questo.
Dobbiamo distinguere tra progresso tecnologico e progresso umano.
Il primo è difficile metterlo in dubbio.
Ma contemporaneamente potremmo far fatica a distinguere le spinte motivazionali profonde di un esponente dell'età della pietra e dell'uomo medio del XXI secolo.
In un mondo ideale saremmo tutti ad inseguire virtute e canoscenza, nel mondo reale abbiamo ancora bisogno di un metaforico calcio nel sedere per muoverci.
Come ben argomentato nel pezzo, se si elimina il carburante della competizione la civiltà imbocca la strada del regresso.
L'annullamento del framework competitivo si declina in tanti modi, dallo stato-mafia fino alla privazione talebana dei diritti delle donne che rappresenta lo specchio della frase d'esordio:
"All civilization was just an effort to impress the opposite sex"
E' una lotta per tener viva questa fiammella che le due forze opposte da destra e da sinistra cercano di spegnere.
Ottima analisi.
Sarebbe bello vedere un approfondimento dei meccanismi: come l'economia attuale tende verso la concentrazione (piramide).