Alieno Gentile
Economia per Tutti - Piano Inclinato
Quando il mutuo è dello Stato
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Quando il mutuo è dello Stato

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Servizio del debito”, dicono quelli bravi. Altri, nel tentativo spesso velleitario di far comprendere la poco sana direzione assunta dal nostro debito pubblico, azzardano l’analogia con la gestione finanziaria di una famiglia.

Il tema, a ben vedere, è lo stesso: lo Stato che paga interessi, lo Stato debitore, lo Stato a cui non bastano le entrate fiscali per il proprio funzionamento e che va quindi a raccogliere denaro sul mercato dei capitali.

Ma davvero lo Stato debitore è accostabile ad un debitore privatore cittadino, al titolare, ad esempio, di un mutuo a tasso variabile che in questi giorni trae un po' di sollievo dal più telefonato taglio dei tassi della storia monetaria recente?

Non proprio. Il perché ve lo raccontiamo, insieme a parecchie altre cose, nella puntata di questa settimana di “Economia per tutti”, dedicata proprio a capire quale peculiare tipo di debitore è lo Stato.

Un debitore apparentemente avvantaggiato rispetto al mutuatario della porta accanto: lo Stato, infatti, giunte a scadenza le innumerevoli tranches del suo debito, di fatto non rimborsa mai il capitale. Semplicemente, sostituisce, rinnova il debito giunto a maturazione con altro di nuova emissione. I creditori? Gli stessi oppure di nuovi o un mix di entrambe le categorie. Il punto è che il mutuo del sig. Stato è un mutuo sempre rifinanziato.

Il vantaggio, connesso al diverso orizzonte temporale di un’entità che non ha i limiti biologici del debitore comune mortale, è in realtà apparente perché, se la quota interessi è tutto ciò che conta, con il variare di quella componente tutto cambia.

Così, ad esempio, adesso i tassi vengono tagliati (ma, attenzione, la rondine della Lagarde non fa primavera e probabilmente neppure estate, se ne riparla ad autunno), ed il sig. Rossi può veder scendere la rata del suo mutuo a tasso variabile. Il dottor Giorgetti, invece, con il “suo” MEF deve rifinanziare il nuovo debito ai tassi attuali, sicuramente più alti, al di là delle limature del momento, rispetto a quelli del debito giunto a scadenza. BCE o non BCE, il rinnovo è un aumento di costo del debito.

Ma quanto è grande questo costo del debito pubblico? Tanto, troppo. Come noto, per noi italiani la proporzione tra quanto paghiamo di interessi e quanto lo Stato incassa è la più alta, rectius la peggiore d’Europa. Le ragioni sono presto dette. Da un lato, la montagna del nostro debito pubblico proietta un’ombra di rischiosità che consente ai prestatori di chiedere un più alto premio del rischio assunto, dall’altro ataviche tare (demografia, burocrazia, habitat inospitale per il business, lentezza della giustizia civile) castrano la crescita del Pil e quindi l’aumento delle entrate statali.

Come ciò non bastasse, l’ingente quota di spesa che se ne va in pagamento di interessi sottrae risorse ad investimenti per la crescita e peggiora ulteriormente, in un perverso circolo vizioso, il rapporto debito-Pil, aggravando ulteriormente, a chiusura del cerchio infernale, il costo del primo.

Per questo siamo un paese di tifosi dei tassi bassi. Sempre e comunque bassi, meglio se a zero, anche a costo di non debellare il morbo inflazionistico. Qualcuno ha cercato di ammantare questa preferenza di nobili motivazioni ideologiche (il demoniaco capitale non va mai remunerato, solo il lavoro deve generare valore), andando a sbattere, come da copione e come vi raccontiamo, in quel testardo potere forte chiamato Realtà. Ma in verità la nostra non è una preferenza, bensi’ una necessità che non promette nulla di buono: i tassi bassi sono l’unico ecosistema finanziario in cui siamo attrezzati a sopravvivere, altrimenti rischiamo una darwiniana estinzione.

Condizione molto pericolosa: sia perché la politica monetaria non è nelle nostre disponibilità, per quanto paura possano fare agli altri le nostre fragilità, sia perché finiamo per scambiare per migliore dei mondi possibili un assetto, il basso costo del denaro, che a ben vedere produce anche inevitabili effetti collaterali.

Posto infatti che le imprese si indebitano per creare profitto e i privati cittadini, invece, solo per fronteggiare necessità, ecco che il denaro “regalato” aumenta i profitti solo delle prime, mentre i risparmiatori vedono inaridirsi i loro redditi da capitale, ed ecco servito il tanto esorcizzato aumento delle disuguaglianze.

Per non demoralizzarvi troppo, però, noi intanto vi serviamo idealmente, in conclusione di puntata, un vino fenomenale contenuto in una bottiglia del tutto originale. Per scoprire di quale nettare si tratti dovete solo andare sulla vostra piattaforma preferita:

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Giulio Massa

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Alieno Gentile
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Conversazioni inclinate tra Manchester e Milano. Con Massimo L'Abbate e l'Alieno Gentile, si parla di economia con un linguaggio chiaro e senza tecnicismi perché l'economia è di tutti.
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