Il passaggio del testimone
Chi è stanco deve cederlo, ma deve trovare una mano tesa a coglierlo.
La Storia è fatta di grandi (e lenti) cambiamenti. Il declino dell’Impero Britannico di fine ‘800 pose la Gran Bretagna di fronte ad un dilemma: non poteva contenere contemporaneamente sia l’ascesa della Germania sia quella degli Stati Uniti.
Il primo ministro Lord Salisbury propose di scegliere a chi fosse meglio passare il testimone, con chi potesse essere ragionevole continuare a ritagliarsi un ruolo di spicco, e considerando la comunanza linguistica e di diversi valori, scelse gli USA. Propose così di dare ai futuri leader americani borse di studio gratuite per le università britanniche, per far incontrare (e incrociare) le due classi dirigenti il più possibile e il più rapidamente possibile.
Il risultato di questa scelta fu l'Anglosfera, l'alleanza culturale e poi politica e militare tra Gran Bretagna e Stati Uniti. In seconda battuta questo è ciò che ha contribuito a creare quell’imbuto che ha portato il mondo alla prima e poi alla seconda guerra mondiale.
La scelta di contenere la Germania spinse i Britannici ad allearsi persino con la Russia sia nella Prima che nella Seco8inda Guerra Mondiale, nonostante l’avessero combattuta nella Guerra di Crimea, quando il timore principale della Gran Bretagna era che la Russia potesse conquistare la Turchia e l'Afghanistan, tagliandola fuori dal canale di Suez e aggredendo l’Impero nel territorio indiano. Come si diceva, gli scenari mutano.
L’egemonia della superpotenza americana secondo alcuni è in declino. A questa prossima tornata elettorale gli USA potrebbero scegliere l’isolazionismo, la logica di America First, l’idea che essendo autonomi dal punto di vista energetico e alimentare possono dimenticarsi del mondo che c’è al di là dei due oceani che li isolano. Gli Stati Uniti sembrano stanchi dei benefici che traggono dal ruolo di “sceriffo del mondo”, Trump dice addirittura che vorrebbe “uscire dalla NATO” (tutto da verificare). Dopo la lunga stagione dell’Impero Britannico, è possibile che il mondo debba vedere passare di mano il testimone. Gettarlo a terra significa consegnarlo nelle mani di chi lo vuole prendere, cioè Pechino.
Negli ultimi 20 anni, infatti, abbiamo avuto una sola potenza in ascesa: la Cina. Tra qualche anno, un paese che è ancora “in via di sviluppo”, può diventare una potenza alternativa: l’India. Ma in questa fase di passaggio c’è un altro Paese che ha tutte le carte in regola per offrire una alternativa agli USA, nel caso volessero passare il testimone.
In questo nuovo mondo politico c’è una potenza nucleare che si propone come leader europeo e potenzialmente anche come leader di una NATO mutilata, un paese che non soffre di dipendenza energetica, e che è intriso di valori occidentali: la Francia.
Macron ha fatto molto per orientare maggiormente la Francia al business, ma sta anche cercando di orientare il business alla Francia, incoraggiando gli investimenti stranieri e facendola diventare una delle principali destinazioni per gli investimenti esteri in Europa.
Alle recenti dichiarazioni centrate sulla costruzione di una logica militare europea, che deve arrivare a prevedere quali azioni siamo pronti a mettere in atto di fronte ad evoluzioni dello scenario, lunedì, a Versailles, Emmanuel Macron ha aggiunto il suo piano per trasformare l'Europa in una potenza finanziaria in grado di confrontarsi alla pari con Cina e Stati Uniti.
Dopo aver rimodernato la Francia, la nuova missione di Macron sembra che sia cercare di cambiare l'Europa tanto quanto ha cambiato la Francia, per la futura prosperità dell’area euro.
“Trattare su scala internazionale come europei significa avere bisogno di un consolidamento bancario su base europea. Dobbiamo offrire un approccio al mercato unico che sia molto più efficiente”.
François Hollande dichiarava che la finanza era “il nemico del Paese”, Macron ha invertito la rotta. Quest’anno Parigi ha già raccolto 15 miliardi € di nuovi investimenti esteri e anche Microsoft ha deciso di espandersi in Francia.
“Abbiamo chiaramente colmato un divario con gli altri e ora siamo i primi in Europa. Ora, come UE, dobbiamo reimpostare completamente il nostro modello”
La Francia ospita alcune delle più grandi banche dell'area dell'euro, tra cui BNP Paribas SA, con un bilancio di 2,7 trilioni di euro, sufficiente a rivaleggiare con il PIL di diversi Paesi. La banca è stata definita “la JPMorgan d'Europa”, ma il suo valore di mercato di 80 miliardi di euro è inferiore a quello delle principali banche statunitensi.
Macron ha detto che l'incapacità di BNP di realizzare fusioni transfrontaliere è un problema: “Abbiamo bisogno che BNP possa acquistare concorrenti più piccoli”. Alla domanda se questo potrebbe includere anche l'acquisizione da parte dei rivali europei di un istituto di credito francese come Société Generale, ha risposto: “Sì, certo”.
La seconda risposta non è una cosa da poco: il principale freno che ha impedito finora di realizzare grosse operazioni bancarie tra i paesi della UE è che gli Stati temono di perdere i loro campioni nazionali, acquistati da rivali “esteri”. E vedere che questo contribuisce a rafforzare l'economia europea nel suo complesso non è un tornaconto sufficiente.
Macron mostra leadership e visione, mostra di comprendere il concetto di trade-off e la necessità di cambiare le cose disfunzionali in Europa. Restare ancorati allo status quo è un rischio che non possiamo permetterci. L’Europa deve imparare a difendere meglio i propri interessi, affrontando i costi necessari al cambiamento.
Durante la Grande Crisi Finanziaria, i singoli governi europei sono prima dovuti intervenire per salvare le banche nazionali, poi hanno creato legami reciproci più stretti in risposta alla successiva crisi del debito sovrano, e infine demandato poteri di supervisione alla BCE, istituendo un'autorità comune per la liquidazione degli istituti di credito falliti. Questo processo ha funzionato, ma passata la fase emergenziale è tornato a dominare l’istinto della conservazione dello status quo locale.
Questo non ha impedito allo scenario di continuare ad evolversi, mostrando l’inadeguatezza della struttura europea per la somma di localismi che è ora. Dal 2012 a oggi, messi da parte i toni dell’emergenza, il trend per l’Europa è stato di continuo declino economico, di crescente irrilevanza geopolitica, di calo relativo della produttività e dell’innovazione, di debiti pubblici resi sempre più pesanti dal welfare miscelato all'invecchiamento della popolazione. Senza una riforma della UE questo trend è destinato a continuare.
L’Europa ha una grande storia, ma questa deve fungere da radici profonde, non da zavorra che impedisce di adattarsi ad un mondo che cambia, e questo coinvolge anche la stessa Francia: TotalEnergies, un'altra società francese potenzialmente in grado di diventare un campione europeo, sta valutando di spostare la sua quotazione principale a New York. Il motivo è l'onerosa regolamentazione climatica in Europa che, secondo l'amministratore delegato Patrick Pouyanne, limita l'accesso del produttore di petrolio ai capitali e ne deprime la valutazione.
In effetti la valutazione di mercato delle aziende analoghe a Total, negli USA, prevede multipli molto diversi: La capitalizzazione di mercato di Total sarebbe maggiore del 40%, passerebbe dai 165 miliardi € attuali a 230 miliardi€, con tutte le ricadute in termini di capacità finanziarie della società.
Total non sarebbe la prima, e non sarebbe l’ultima società europea che sceglie di migrare. Anche questo è parte del trend che dobbiamo arrestare.
Nonostante queste evidenze, le resistenze rimangono forti: le proposte di Macron implicano anche maggiore condivisione delle passività finanziarie con il resto dell'UE e diversi Paesi sono restii a intraprendere questa strada, prima di tutto la Germania, anche se finalizzati a un'ondata di investimenti per migliorare l'economia, stimolare la crescita, stimolare l'innovazione e rafforzare le forze armate del continente di fronte alla minaccia dell'aggressione russa.
Prendiamo ad esempio la cosiddetta “unione bancaria europea”. Tutto inzia con l'assicurazione comune dei depositi. La Germania e i Paesi che la pensano allo stesso modo hanno bloccato i tentativi di procedere, sostenendo che i risparmiatori del loro Paese non dovrebbero essere chiamati a rispondere delle perdite delle banche di altri Paesi. Il paradosso è che anche l’Italia mostra reticenze di fronte al concetto di ESM (o MES, come viene chiamato sui giornali italiani). Questo snodo ostacola le fusioni transfrontaliere in Europa, preservando le differenze di rischio tra un paese e un altro.
Nel frattempo negli USA si formano colossi bancari che ridicolizzano le dimensioni dei nostri “campioni” nazionali.
La guerra della Russia in Ucraina e il costante deterioramento del sistema commerciale globale, offrono a Macron l’assist per mettere in luce la necessità di abbracciare un programma di riforme e trasformare la UE in una forza economica più unita e potente. Si espone? Certo. Quale leadership non prevede esposizione? Ma di leader, che abbiano una visione, un progetto, abbiamo terribilmente bisogno.
“Siamo in un mondo completamente nuovo e abbiamo bisogno di un nuovo modello di business per gli europei. Il mondo si trova in un momento di sconvolgimento senza precedenti e l'UE deve agire con urgenza per evitare di rimanere indietro.
Abbiamo bisogno di molti più investimenti basati su un bilancio comune. Abbiamo bisogno di 1.000 miliardi in più”
La cifra tonda serve ai titoli dei giornali, ma il messaggio appare molto chiaro: ragionare come Europa implica affrontare la realtà globale uscendo dalla prospettiva degli interessi di cortile in ogni singolo paese.
Ha anche aggiunto che l'UE deve essere meno timida nell'adottare misure protezionistiche quando i suoi interessi sono minacciati, poiché né la Cina né gli Stati Uniti rispettano più le regole del WTO (World Trade Organization, cioè l'Organizzazione mondiale del commercio). Anche qui la Germania frena: non gradisce l’idea di dazi e protezionismo contro la Cina, perché Pechino è un partner commerciale troppo rilevante.
Possiamo anche coprirci gli occhi ma questo non cambia le cose: la Cina sta perseguendo una strategia ripetitiva, che prevede di sbaragliare il mercato per poi far leva su posizioni dominanti per sbaragliarne altre porzioni.
Basta guardare cosa accade con gli EV e lo sviluppo dei chip. Ora che la Cina è il primo esportatore di auto al mondo, Pechino ha ordinato ai produttori di auto cinesi di comprare solo chip prodotti in Cina. Questo garantirà domanda in volumi enormi, che è la formula del successo di TSMC. Vogliamo lasciare andare le cose come Pechino le ha programmate?
Ci sarà chi discuterà questi argomenti parlando della persona invece che dei contenuti. Sento riecheggiare certi discorsi: Macron… il suo curriculum…appoggia il protezionismo per difendere Renault… le sue ambizioni personali… e la storia con sua moglie? ah, per me è gay e la moglie è un paravento!… lei lo manovra, e poi che schifo, era la sua insegnante…
Sarò strano, ma non riesco ad appassionarmi a questo modo di vedere le cose. Della vita privata e degli obiettivi di questo o quel personaggio non riesco a trarre una chiave di lettura della vita che mi faccia sentire appagato.
Mi focalizzo di più sui concetti espressi e li trovo dannatamente condivisibili: restare come siamo, sperando che il mondo non ci crolli intorno, e osservare l’evolversi degli eventi mentre diventiamo relativamente più poveri, vecchi, improduttivi, geopoliticamente più insignificanti, commercialmente emarginati, e ritrovarci fra qualche anno l’India come potenza emergente capace di soffiarci il ruolo di eventuale alternativa all’egemonia cinese sarebbe da sciocchi. Una miopia imperdonabile.
Se consentiamo alla Cina di diventare una incontrastata e incontrastabile iperpotenza, non potremo baloccarci nella speranza che ci considerino come loro amici, perché non accadrà. Il sistema di scelta dei leader nel Partito Comunista Cinese prevede l’annullamento di ogni rivale, il candidato unico. Nessun leader cinese cresce imparando la convivenza con dei competitor.
Fra qualche settimana andremo a votare per le elezioni europee e mi ritroverò a dover scegliere fra i candidati delle liste italiane. Non lo trovo giusto. Anzi, lo trovo anche diseducativo.
Vorrei poter votare un eventuale candidato portoghese, o -che so- belga e vorrei che ai candidati italiani fosse possibile cercare voti nell’elettorato polacco, o in quello spagnolo. Siccome questo non è possibile accadono due cose, entrambe negative:
I partiti politici, tanto gli italiani come quelli degli altri paesi UE, vedono le elezioni europee come un test del consenso interno e degli equilibri politici nella propria nazione.
Gli elettori credono di eleggere dei rappresentanti locali, da cui l’aspettativa che “difendano gli interessi dell’Italia”, non comprendendo che un deputato europeo ha per mandato di lavorare negli interessi dell’Unione, e non di partecipare ad una spartizione di spoglie.
Macron ci mette di fronte alla nostre debolezze e ci chiede di guardarle, di prendere atto della loro esistenza. Abbiamo una UE che deve fare numeri di giocoleria tra promesse e ricatti, con l’Ungheria, per non subirne il veto sugli aiuti all’Ucraina. Non risulta che il North Dakota possa porre veto alle politiche federali in USA. Se non impariamo a vedere le cose dalla prospettiva di una vera Unione Europea, ci ritroviamo perdenti in termini di competitività.
Le proposte di Macron possono piacere o meno, ma spietatamente non lasciano spazio alla possibilità di rigettarle senza una alternativa che contenga altrettanta visione strategica. Il mese scorso il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner ha dichiarato che per lui è più sensato che ciascun Paese dell'UE rimanga responsabile del proprio bilancio.
Ma l'interesse comune di tutti i paesi europei resta quello di creare posti di lavoro, creare valore, proteggere le imprese e i lavoratori. E per fare questo occorre proporre una strategia, non solo rigettare le proposte altrui.
Condivido tutto dalla prima all'ultima parola.
Se però dovessi scommettere direi che l'Europa non ce la farà perchè gli interessi sono troppo diversi, a partire da quelli culturali e dalla lingua; ed il peso della sua storia per assurdo rema contro.
A questo proposito non so se hai avuto modo di leggere questo interessante intervento proprio di un tedesco:
https://klinger.io/posts/eu-acc
Detto questo mi chiedo quale sia stato il reale motivo che ha portato gli Stati Uniti a diventare la nazione dominante negli ultimi 80 anni.
Se è stata la capacità di integrare e distillare le volontà ed i talenti attirati da tutto il mondo, allora il dominio cinese si baserà su tutt'altro ed hai anticipato qualcosa. C'è da capire se basterà per renderlo duraturo come vorrebbero.
Bello e bravo, mi piace l'idea di votare transfrontalier! La mia paura è che il mix di ascesa della destra è anche legata alla tipica radicalizzazione degli algoritmi social con il benestare USA che così frammentano EU