La settimana dell'Alieno #33
Rassegna delle notizie economico-finanziarie del 29 gennaio - 2 febbraio 2024
FOMC
I tassi d'interesse statunitensi sembrano essere sotto controllo in questo momento. Il Foderal Open Market Committee della Federal Reserve ha deciso di mantenere il suo tasso di riferimento tra il 5 e il 5,25%.
Il presidente della Fed Jay Powell ha dovuto deludere gli investitori, che non vedono l'ora di vedere i tassi scendere:
"Non credo sia probabile che il comitato raggiunga un livello di fiducia tale da identificare già marzo come il momento giusto per farlo. Abbiamo bisogno di vedere ulteriori prove che confermino ciò che pensiamo di vedere e che ci dicano che siamo su un percorso di inflazione sostenibile verso il 2%".
Powell ha ricordato che l'obiettivo di inflazione della Fed non è cambiato. È ancora al 2%. L'ultima lettura mostrava un'inflazione al 3,4%. Quindi la Fed ha ancora del lavoro da fare.
I mercati non hanno reagito bene. Ma se c’è una cosa certa, nelle tante incertezze con cui dobbiamo convivere, è che le aspettative dei mercati sull’andamento dei tassi di interesse risultano regolarmente errate:
Guardando le cose con più distacco le condizioni macro si stanno evolvendo in linea con le aspettative della Fed, consentendole di eliminare il suo orientamento restrittivo. L'inflazione sta scendendo e la crescita sta reggendo, cosa che è stata riconosciuta nella dichiarazione in cui si afferma che la crescita e l'inflazione stanno formando un "migliore equilibrio". La Fed è passata da un orientamento restrittivo a uno neutrale, l’evoluzione naturale delle cose è adottare un orientamento di allentamento e iniziare a tagliare i tassi.
Ormai la direzione è chiara, andrei oltre questa insensata ossessione: la Fed taglierà i tassi quest'anno, che sia di 0,75% o di 1,25% nel corso dell'anno non è che faccia tutta sta differenza. Troppo focus sui tassi implica perdere di vista altre cose.
Anche sul fronte europeo, questa settimana Klaas Knot, banchiere centrale olandese, ha detto che serviranno dati nella giusta direzione sul tema dei salari prima di poter rendere possibili dei tagli sui tassi:
“L’unico pezzo del puzzle che manca è la convizione assoluta che la crescita dei salari si stia adattando alla disinflazione, e stia quindi rallentando. Quando questo pezzo del puzzle andrà al suo posto, allora potremo tagliare un pochino il tasso di interesse”
La presidente Christine Lagarde è stata meno severa, dichiarando che il consiglio della BCE è unanime nel ritenere che la direzione della prossima mossa (senza poter dire quando) della Banca Centrale sarà un taglio.
I dati sull'inflazione in Europa restano confortanti: Germania (2,9%) e Francia (3,1%) hanno registrato un calo più marcato del previsto, l'inflazione sta scendendo verso l'obiettivo.
La tecnologia delude…
Alphabet ha riportato i propri risultati e le entrate pubblicitarie di Google hanno mancato (anche se di poco) le stime. Anche Microsoft è scesa nonostante abbia registrato una forte crescita dei ricavi. AMD è crollata dopo il calo delle vendite, lo stesso è accaduto ad Intel e a Samsung dopo il calo dei profitti nel quarto trimestre. Apple ha presentato buoni risultati, ma le difficoltà in Cina hanno comunque fatto scendere le quotazioni.
Le azioni tecnologiche globali sono a livelli record, in particolare negli USA i “Magnifici 7”, innanzitutto scommettendo che l'intelligenza artificiale avrebbe rapidamente alimentato i risultati. I risultati trimestrali hanno dato segni di una realtà non all’altezza di quelle alte aspettative.
… ma c’è anche la tecnologia che piace
Meta ha avuto ottimi risultati, addirittura introduce un passaggio di stato, diventando un’azienda che distribuisce dividendi (per 5 miliardi di $ l’anno) ai propri azionisti. Il “metaverso” sembra accantonato, tornano a farla da padrone i ricavi pubblicitari tradizionali.
Economia globale
Il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato le sue prospettive economiche globali, con alcune sorprese. Ad esempio, prevede che l'economia russa crescerà molto più velocemente di quanto avesse stimato in precedenza, ma lo stesso vale anche per l'economia globale.
Cominciamo dalla Russia. Le previsioni di crescita nel 2024 sono state aggiornate a +2,6% nel 2024, più del doppio rispetto alla crescita prevista in precedenza. La trasformazione in “economia di guerra” centrata sull'industria manifatturiera aumenta la dipendenza dagli investimenti da parte del governo, che al momento sono ovviamente ingenti per soddisfare i bisogni di un esercito impegnato in una occupazione.
Anche l'economia globale, però, secondo il FMI dovrebbe crescere a un ritmo più sostenuto. L'anno scorso, in questo periodo, c'era preoccupazione per l'inflazione ancora molto alta e l'aspettativa era di ridurla. Si temeva un combinato disposto terribile: recessione con inflazione, con un aumento piuttosto marcato dei tassi di disoccupazione. Invece l'economia globale è andata molto meglio del previsto nel 2023. Ad esempio, l'economia statunitense è cresciuta del 3,1% nel corso del 2023.
I tassi di interesse più alti non hanno rallentato l'economia globale come si pensava, ma hanno contribuito a far sgonfiare l’inflazione. Una specie di sortilegio finanziario che verrà analizzato per molti anni.
Questo outlook del FMI, con tutta la forza che proietta sull’economia, ha indotto molti a pensare che potremmo dover aspettare ancora a lungo prima che le banche centrali taglino i tassi di interesse. Il fatto che le economie appaiano ragionevolmente forti significa che non necessitano di stimolo monetario. Ma la funzione delle Banche Centrali non è (quantomeno non solo) quella di fornire stimoli al ciclo economico, ma di garantire condizioni appropriate e con la disinflazione in corso i tassi correnti producono rendimenti reali molto alti, ovvero condizioni restrittive, probabilmente troppo: non è più necessario rischiare di provocare una recessione, ma senza una riduzione dei tassi si rischia che accada.
Pertanto i tagli dei tassi d'interesse arriveranno nel corso di quest'anno sia negli Stati Uniti che in Europa.
NYCB
La New York Community Bank ha sorpreso il mercato con accantonamenti molto più consistenti legati al suo portafoglio di immobili commerciali (CRE), e un forte taglio dei dividendi, il titolo ha subito un crollo in Borsa da -40%, facendo rivivere i fantasmi del crollo di SVB di marzo scorso. Le banche con grandi esposizioni al CRE statunitense e, in particolare, agli uffici, dovranno tutte aumentare gli accantonamenti per prestiti non performanti, il vento in poppa per le banche si sta esaurendo, ma questo problema micro è improbabile che si trasformi in un problema macro.
Dopo gli eventi del marzo 2023 sono emerse chiaramente tre cose:
la stragrande maggioranza delle banche USA è in buona salute e il sistema su base aggregata è in una posizione forte.
la Fed ha la capacità e la volontà di agire rapidamente e di fermare il contagio alle banche sane, che costituiscono la maggior parte del sistema.
le banche europee sono comunque isolate dai problemi di liquidità delle banche USA (i guai di Credit Suisse, pur se emersi in contemporanea a SVB, erano di altra natura)
Scherzare col fuoco (e col petrolio)
Sakhalin, una sussidiaria della russa Rosneft, non riesce a vendere il petrolio a causa delle sanzioni ed e è costretta a stoccarlo in almeno 14 petroliere in mare. Lo stoccaggio ha già superato i 10 milioni di barili.
Gli Houthi continuano a intensificare gli attacchi alle navi che transitano nel Mar Rosso. Un razzo ha scatenato un incendio su una petroliera di Trafigura, la Marlin Luanda, che trasportava nafta russa.
La Casa Bianca ha annunciato che tre membri dei servizi statunitensi sono stati uccisi da un attacco di droni a una base militare vicino al confine tra Siria e Giordania. I funzionari americani affermano che l'attacco è stato condotto da gruppi militanti sostenuti dall'Iran. Si tratta delle prime vittime statunitensi in Medio Oriente dall'inizio della guerra tra Israele e Hamas, e il presidente Biden ha promesso una risposta ai responsabili. Di conseguenza l’Iran si è attivato per condannare l’accaduto.
Le violenze nel Mar Rosso fanno comunque salire i prezzi dell’energia, gli attacchi dei ribelli Houthi hanno fatto impennare le tariffe delle petroliere e i prezzi del gasolio. Le tariffe di trasporto sono già a livelli che non si vedevano dai tempi della pandemia, e continuano a salire. Il numero di navi che viene dirottato intorno al Capo di Buona Speranza continua a salire, il che a sua volta contribuisce a far salire i prezzi.
Ungheria e UE
A quegli occidentali che si dichiarano “stanchi” di aiutare l’Ucraina, rispondono le istituzioni, innanzitutto per ricordare che il benessere individuale dipende dall'ordine internazionale.
Quando le istituzioni internazionali che presidiano le regole e i diritti per tutti vengono messe in discussione da chi vuole sovvertire l’ordine mondiale, si palesa il rischio di un mondo senza regole, in cui i più forti prevaricano i più deboli. Nel grande, paesi predatori saccheggiano altri a beneficio della sola élite governativa. Nel piccolo si ripristinano schemi feudali di protezione. Per questo gli aiuti all’Ucraina rappresentano un elemento cruciale nel contenimento delle pulsioni autoritarie contro le democrazie.
Chi traccheggia si presta a complicità (e il fatto che un esponente politico ungherese rivendichi la Transcarpazia, territorio ucraino, in caso di caduta di Kyiv rafforza i sospetti), e non può essere tollerato. Mentre Orbàn ha più volte annunciato di voler usare il suo potere di veto per bloccare il pacchetto di aiuti da 50 miliardi € per l'Ucraina, che ha il sostegno di tutti gli altri Stati membri dell'UE.
I funzionari dell'UE pensano che stia cercando di ottenere concessioni da Bruxelles: più soldi e meno controlli su ciò che fa in patria. Orbán si vede come il campione di un tipo diverso di UE, fedele ai valori cristiani più conservatori, ma anche un'Europa di Stati-nazione meno integrata, in cui le istituzioni dell'UE hanno meno autorità e interferiscono meno nella vita degli ungheresi o dei polacchi o altro.
Come si comporta la UE con i Paesi che non rispettano i valori fondamentali e lo Stato di diritto? Esiste la procedura dell'articolo 7, che può portare l'Ungheria a perdere il diritto di voto. Questa è la punizione massima consentita, l’opzione più drastica.
Bruxelles ha cercato una via intermedia, una strategia per bloccare tutti i finanziamenti dell'UE a Budapest, in risposta di questa eventualità. Il piano farebbe ridurre la fiducia degli investitori nei mercati ungheresi e danneggerebbe la loro valuta (il fiorino ungherese è già scivolato, incorporando parzialmente questo rischio). Questa situazione diplomatica ha segnato una significativa escalation delle tensioni tra l'UE e l'Ungheria, che alla fine ha capitolato: con il voto unanime di tutti i paesi UE, il pacchetto di aiuti all’Ucraina è stato approvato.
Evergrande
Lo sviluppatore immobiliare cinese Evergrande alla fine viene mandato in liquidazione da un tribunale cinese. E’ la resa davanti all’impossibilità da parte dell’azienda di poter riuscire a far fronte ai 2400 miliardi di yuan di esposizione debitoria, un ammontare simile ai 2mila miliardi di yuan di “piano tampone” stanziati da Pechino la scorsa settimana e che avevano fatto sperare gli investitori più ingenui in una improvvisa virata delle fortune per i listini azionari cinesi. Si apre invece una nuova e imprevedibile fase, dopo poco più di due anni di trattative con i creditori internazionali. La liquidazione non solo dell'entità di Hong Kong di Evergrande, ma anche di centinaia di entità in tutta la Cina continentale, minaccia di scatenare una nuova crisi di liquidità per tutto il settore e conflitti con i creditori della Cina continentale che vantano enormi crediti nei confronti di Evergrande per le centinaia, se non migliaia, di progetti che esistono in tutta la Cina.
Il boom immobiliare su cui si è basata la crescita della Cina per diversi decenni ha raggiunto un punto di svolta cruciale. L’espansionismo economico che partiva dalla costruzione di città fantasma da riempire con i frutti della crescita economica si è scontrato con una prevedibile crisi demografica.
E’ l’ennesimo fallimento di un centralismo economico che esercita il potere come se incarnasse un’infallibilità trascendente e ora dovrà misurarsi con le norme legali della finanza internazionale, che non riconoscono a Pechino né il diritto all’opacità a cui è abituata, né lo status di superiorità morale da cui pretende di disporre dei diritti dei suoi cittadini.
Questo avrà ricadute anche a livello di posizionamento geopolitico: l'Occidente ha vinto l'ultima guerra fredda rimanendo unito, favorendo la crescita economica interna e favorendo il “suicidio assistito” del comunismo. I sistemi comunisti, senza i prezzi di mercato che assegnano valutazioni efficienti, hanno accumulato errori nell'allocazione del capitale e del lavoro.
Putin e Xi non hanno la carica ideologica dei sovietici, si riducono all'anti-atlantismo. Man mano che i paesi del mondo avranno a che fare con loro, avranno la possibilità di confrontare i peccati dell'Occidente che fu colonialista nel XIX secolo con quelli dell'Oriente che è colonialista oggi.
Scopriranno che i Paesi di piccole e medie dimensioni possono trovare sicurezza solo nell'ordine internazionale basato su regole in evoluzione e sulle istituzioni internazionali e locali che lo presidiano.
Das Auto
L'industria automobilistica tedesca è una delle più grandi d'Europa, ma di recente ha vissuto anni brutali e ora il settore è sotto pressione: in Europa si vendono meno auto in generale.
Volkswagen, secondo produttore di auto al mondo, nel 2019 ha venduto circa 11 milioni di auto a livello globale, mentre nel 2023 poco più di 9 milioni; un grosso problema per i fornitori che fanno affidamento sui volumi e che sono duramente colpiti dagli effetti della transizione verso i veicoli elettrici: servono nuovi componenti, ed è molto costoso investire in questo tipo di ricerca e sviluppo.
Senza contare che non servono altrettante persone per produrre un'auto elettrica quanto un'auto con motore a combustione. Per questo si stanno riducendo molti posti di lavoro.
Per decenni l'auto tedesca è stata l'apice dell'ingegneria. Il cuore dell'auto era il motore; oggi invece le auto si vendono più che altro in base alle capacità del software, e la costruzione di software non è il loro punto di forza. Si assiste quindi a una corsa per diventare più bravi nella costruzione di software, sistemi e così via. Nel frattempo, nelle auto elettriche la batteria costituisce il 50% del peso del veicolo e per economie di scala conviene costruire il resto della macchina dove si produce la batteria. Questo ha prodotto l'ascesa delle case automobilistiche cinesi.
Alcune start-up cinesi iniziano a vendere molte auto, con fornitori che si occupano di semiconduttori, batterie o software. Attività che hanno margini più elevati rispetto ai fornitori tradizionali. E i fornitori tedeschi, per molti versi, stanno ancora giocando a rimpiattino.
L'industria automobilistica è estremamente importante per l’Europa in termini di posti di lavoro, di tasse e di dipendenza dalle esportazioni. Più che mai il discorso vale per la Germania. La perdita dell'industria automobilistica potrebbe avere conseguenze quasi catastrofiche. BMW e Mercedes-Benz stanno cercando di spostarsi su auto premium, per aumentare i margini sulle auto che vendono. Volkswagen ha un posizionamento più esposto alla competizione dei produttori cinesi con auto elettriche più economiche. Dovremo vedere come si svilupperà la situazione nei prossimi due anni: se queste aziende riusciranno a sviluppare modelli che siano davvero interessanti per le persone, e se Bruxelles non interverrà per proteggere l’industria pesante europea, cruciale da molti punti di vista.
Nel frattempo, in questo settore, Ferrari si protegge da sola e decide di ingaggiare per la sua squadra di Formula1 il più titolato campione in attività: Lewis Hamilton. Insieme ad un ottimo bilancio, questa notizia ha fatto volare le azioni della “Rossa”.
Destra sociale o destra liberale?
La famiglia Agnelli ha rappresentato la nobiltà industriale italiana per oltre un secolo, la Fiat impiegava più di 170mila lavoratori negli anni '70, ed è a lungo stata facilitata da iniziative governative con incentivi e politiche favorevoli.
Ma i tempi sono cambiati. Il gruppo ora ha delocalizzato molta produzione, ha spostato la sua sede legale in Olanda, la sua sede fiscale in Inghilterra, e ha poi cambiato nome in Stellantis, dopo la fusione del gruppo con la francese PSA (Peugeot) nel 2021. Il governo italiano ormai non ha più remore nello sferrare attacchi diretti alla famiglia.
Giorgia Meloni ha attaccato John Elkann per “aver venduto ai francesi la Fiat” e se l’è presa con il quotidiano Repubblica per l’editoriale del direttore Maurizio Molinari che ha criticato il piano di privatizzazioni del governo. La motivazione è che Repubblica è di proprietà di Elkann e
“Da lui non prendo lezioni di cosa sia meglio per l’Italia”
Il particolare che forse sfugge è che non c’è ragione di pensare che gli azionisti di Fiat abbiano mai chiesto di porre gli “interessi dell’Italia” al di sopra di altri obiettivi aziendali. Il governo sembra avere la frustrazione di non poter influenzare il processo decisionale delle imprese, mostrando il proprio lato da “destra sociale” in una vicenda in cui vorrebbe rivendicare il proprio approccio da destra liberale, con delle privatizzazioni.
Ma di liberale non c’è molto se il discrimine è avere o meno un posto nel consiglio di amministrazione (rimarcando questa come differenza di trattamento rispetto al governo francese).
Siamo in clima elettorale e il presidente Meloni fa leva sui timori degli elettori riguardo al rischio di ulteriore delocalizzazione dei posti di lavoro, e nessuno ha nulla da obiettare per il fatto che il governo italiano si preoccupi di mantenere i livelli di produzione nazionale sia in termini di qualità che di sinergie con la filiera locale. Solo che, a mio avviso, lo fa nel modo sbagliato.
Il Brasile di Lula
Luiz Inácio Lula da Silva è tornato in carica da circa un anno come presidente del Brasile. Il suo grande progetto per far ripartire l'economia del Paese è lo stesso di quando era in carica dal 2003 al 2010: il “capitalismo di Stato”.
Gli ultimi 10 anni sono, per il Brasile, un decennio perduto: crescita economica e standard di vita sono fermi ai livelli di 10 anni fa. Non certo quello che ci si aspetta da una economia “emergente”. Per uscire da un periodo prolungato di mediocrità, Lula vuole usare la forza dello Stato per stimolare la crescita e diffondere la prosperità. A partire dal welfare per i più poveri.
Ora è il turno delle infrastrutture, attraverso un grande programma di lavori pubblici che mira a migliorare gli acquedotti e i servizi igienici, l'energia e le infrastrutture di trasporto.
Lula ha già provato questo modello di capitalismo di Stato, che ha aperto la porta a ciò che è successo con il suo successore, Dilma Rousseff, che ha largheggiato in spesa pubblica creando uno squilibrio fiscale e macchiando la sua presidenza con un enorme schema di corruzione politica da miliardi di $ finiti alla (per non dire riciclati dalla) compagnia petrolifera statale Petrobras.
Lula dice che stavolta il suo grande programma di lavori pubblici prevede un maggiore coinvolgimento del settore privato e dei capitali esteri rispetto a quelli gestiti in passato. Ma per gli investitori esteri occorre un contesto economico attraente e il livello dei tassi di interesse, in Brasile, è ancora molto alto: sono all'11,75%, e questo pesa sull'attività economica. La Banca Centrale è però restìa a tagliare i tassi se c'è la percezione che la spesa pubblica sia troppo generosa (l’inflazione in Brasile sta risalendo, ora è al 6,7%).
Nickel
Il prezzo del nickel negli ultimi 12 mesi si è quasi dimezzato. L’Indonesia ha infatti espanso la sua produzione del 30% nel corso del 2023 (mentre la domanda è per lo più rimasta stabile). La quota di mercato mondiale del nickel detenuto dall’Indonesia è passata così dal 16% del 2017 al 55% di oggi. Questa dinamica sta mettendo fuori mercato diversi altri produttori, che per costi di estrazione e/o approvazione di nuovi scavi vanno in deficit.
Ad esempio l’azienda mineraria australiana IGO dovrà svalutare la sua divisione “Cosmos” in miniere di nickel , acquisita solo 18 mesi fa, mentre la First Quantum ha deciso di sospendere le attività di estrazione per due anni.
Questa concentrazione della produzione di nickel in Indonesia favorisce la Cina, suo primo cliente, che ha nel frattempo sviluppato i migliori processi di utilizzo del metallo per le batterie elettriche. In pratica se si lasciano andare le cose in questa direzione, la dipendenza dalle batterie cinesi diventerà ancora più una strada obbligata per chi cerca la transizione energetica.
L’alternativa per l’Occidente sarà quindi di sovvenzionare l’estrazione minerale non competitiva, per garantire un ciclo di forniture accessibili anziché un quasi-monopolio di un paese asiatico logisticamente vicino all’influente cliente cinese.
Gli operatori privati occidentali nel settore stanno tutti fermando gli investimenti, visto che si tratta di attività ormai improduttive a questi prezzi. Serve un intervento da “politica industriale” anche nel settore minerario, è cruciale sia per l’Occidente (geopoliticamente) sia per il pianeta (per la lotta al cambiamento climatico) e dunque avverrà.
Certo, la corda si tende sempre di più, visto che i debiti pubblici sono già molto espansi e anche il deficit annuale è una risorsa già abbondantemente attinta, pur se -come dicevamo all’inizio- il ciclo economico non è certo in condizioni di crisi tali da richiedere il sostegno della spesa pubblica.
Molti cambi di paradigma sono in corso, è difficile tenere il passo e aggiornare gli schemi mentali (o i modelli di investimento). Spero che questa newsletter possa in parte aiutarvi a tenere uno sguardo sul mondo e su una parte dei cambiamenti che avvengono (talvolta quelli importanti sono lenti, ma di questo ne abbiamo già parlato).
Curiosità
Uno studio del NBER analizza le conseguenze economiche e politiche della Trade War avviata da Trump nel 2018 con la Cina (e non solo). Benefici economici per gli Stati Uniti non ce ne sono stati: i dazi sulle importazioni di merci estere non hanno variato l'occupazione statunitense nei settori interessati; viceversa i dazi di ritorsione hanno avuto un chiaro impatto negativo sull'occupazione, soprattutto nel settore agricolo, rendendo necessari costosi sussidi agricoli compensativi da parte degli Stati Uniti. La Trade War è però stata un successo politico per il partito repubblicano: i residenti delle regioni più esposte ai dazi sulle importazioni sono diventati più propensi a votare per la rielezione di Donald Trump e più propensi a eleggere repubblicani al Congresso.
Spesso parliamo di libri e letture. Ho raccolto i libri che ritengo interessanti in alcune categorie:
Buon weekend a tutti, vi lascio con il jazzista Ivan Valentini, con una selezione musicale di Enrico Marani, in uno spirito collaborativo che poi è l’anima del jazz.