La settimana dell'Alieno #52
Rassegna delle notizie economico-finanziarie del 10-14 giugno 2024
Elezioni europee
Il messaggio dalle urne è stato piuttosto chiaro: il baricentro politico in UE si sta spostando a destra. Questo influenzerà tutto, dall'immigrazione alle politiche ecologiche.
Germania (con Alternative für Deutschland) e Francia (con il Rassemblement National) i paesi con il segnale più forte. Nel complesso, però, i partiti centristi detengono ancora la maggioranza in Parlamento. I grandi sconfitti sono i partiti liberal-democratici (23 seggi persi) e, soprattutto, i Verdi (che scendono da 71 a 53 seggi): in Germania, una delle roccaforti dei Verdi, sono passati dal 20,5% del 2019 al 12%. In Francia il sostegno ai Verdi è calato della stessa entità.
E’ una delle conseguenze della migrazione a destra delle fasce elettorali più giovani, tradizionalmente i più sensibili alle questioni climatiche: l'inflazione rende gli elettori meno propensi a pensare a cambiare la caldaia o passare a un'auto elettrica o altre cose giuste ma costose. In Europa la lotta al cambiamento climatico è ancora proposta come decrescita, mentre altrove si riesce a migliorare l'economia mentre si riduce l'inflazione, mostrando che questa non è utopia propagandistica: rettificati per l'inflazione e il potere d'acquisto, i salari sono diminuiti di circa il 3% dal 2019 in Germania, del 3,5% in Italia e Spagna e del 6% in Grecia. Secondo i dati dell'OCSE, i salari reali negli Stati Uniti sono aumentati di circa il 6% nello stesso periodo.
Lo spostamento di baricentro implica che i partiti di governo daranno più peso alle istanze dei partiti di destra, anziché a quelle dei Verdi, perché preoccupati di perdere voti a loro favore. Quindi, sulla riduzione delle emissioni, i partiti centristi inizieranno ad annacquare alcune delle politiche ambiziose che hanno attuato negli ultimi cinque anni. Lo abbiamo già visto nell'agricoltura, dove molti agricoltori hanno protestato per le imposizioni a taglio ecologista.
Se i due paesi più grandi della UE virano verso destra la ricaduta non sarà piccola: in UE non si fa nulla senza Francia e Germania, perché hanno il maggior peso politico. Quindi, visto che questi partiti di estrema destra sono euro-critici, quando non proprio anti-europeisti, l’indirizzo sarà di riformare l'UE per renderla meno invadente. Quindi sarà molto più difficile puntare, come è accaduto con i primi strumenti di condivisione del debito, verso una maggiore integrazione, che è stato il leit-motiv della (ri)costruzione dell'Unione Europea nell’ultimo decennio, ed il “segreto” della riduzione degli spread nei paesi periferici, che infatti hanno ripreso ad allargarsi.
Tassi USA ancora fermi
I tassi di interesse negli Stati Uniti sono ai massimi da 23 anni e la Fed li ha lasciati invariati. Nessuna sorpresa. Ma l'aspetto interessante emerso dalla riunione di ieri è il modo in cui la banca centrale statunitense sta pensando ai tassi di interesse in futuro.
La Fed ha presentato il cosiddetto "dot plot": i membri della Fed tracciano individualmente il quadro delle loro attese sui tassi di interesse nei prossimi mesi e anni, ne esce un quadro sinottico generale.
Il dot plot di questo FOMC ci ha detto che la maggioranza dei membri ora pensa che avremo un solo taglio, o nessun taglio, dei tassi quest'anno. Una conferma del fatto che il mercato ha confuso le aspettative con le speranze quando stimava sei-sette tagli dei tassi nel 2024. L’osservazione più interessante è quella relativa al “tasso di lungo termine”: a gennaio l’indicazione dei membri della Fed per il tasso equo di lungo termine era 2,5%. A Marzo era 2,6% e oggi è 2,8%.
Significa che anche se c'è ben poca certezza su cosa accadrà esattamente l'anno prossimo, il tasso “neutrale” è visto in ascesa, ovvero che bisognerà incorporare una attesa di inflazione strutturalmente più elevata. Abbiamo parlato già diverse volte del fatto che la curva è invertita. Sembra che la Fed stia considerando il progetto di correggere l’inversione non solo con la discesa dei tassi a breve, che potrà essere solo limitata, ma anche con una risalita dei rendimenti medio-lunghi, suggerendo agli investitori di incorporare una maggior consapevolezza sulla strutturalità dell’inflazione.
Questo tipo di movimento della curva è chiamato “bear steepening”, un irripidimento che generalmente provoca una discesa dei mercati azionari. La sfida per la Fed, dopo aver realizzato la “disinflazione immacolata” (senza provocare una recessione), diventa quella di realizzare un “bear steepening innocuo”. Se Powell dovesse riuscirci, entrerà nella Storia.
A proposito di inflazione, in settimana -per la prima volta quest’anno- il dato di inflazione pubblicato è stato inferiore alle attese, giustificando un po’ di entusiasmo, che la Fed ha voluto spegnere rapidamente: i membri del comitato pensano che anche se l'inflazione è scesa un po', resta ben al di sopra dell’obiettivo. Tuttavia, Powell ha dichiarato di aver trovato la lettura di ieri “piuttosto incoraggiante”, preservando un clima costruttivo e favorevole (Come l’attesa del piacere è essa stessa un piacere, l’attesa di un taglio dei tassi è essa stessa un taglio dei tassi)
Macron chiama la Francia al voto
Il partito di Macron è andato così male da indurlo a sciogliere il Parlamento e a indire elezioni lampo in Francia, dichiarando che il popolo dovrebbe scegliere la direzione del Paese. Macron resterebbe Presidente, ma il Parlamento può essere rivoluzionato se si confermasse l’esito delle europee.
Secondo il sistema francese, il Presidente ha il potere di sciogliere il Parlamento in qualsiasi momento, anche se non accadeva da 30 anni. L'elezione legislativa è a doppio turno: il primo voto sarà il 30 giugno, il secondo sarà il 7 luglio. In pratica ci saranno dei ballottaggi con meno candidati, 2 o 3, al secondo turno. In realtà è molto difficile prevedere come andrà a finire perché ci sono 577 gare locali, ma con implicazioni nazionali che possono cambiare e rendere le cose imprevedibili.
C'è l'alleanza centrista di Macron, composta dal suo partito, che si chiama Renaissance, e i due partiti con cui è alleato. Poi c'è RN, il Rassemblement National, che è il partito di estrema destra guidato da Marine Le Pen. È il più grande partito di opposizione in parlamento, con 88 deputati e una grande inerzia dalle elezioni europee, che li ha portati a sfiorare il 32%, un risultato senza precedenti per il suo partito.
Se RN arrivasse alla maggioranza assoluta, di fatto potrà scegliere il primo ministro. A quel punto Macron, ancora presidente, gestirebbe gli affari esteri, e resterebbe comandante in capo dell’esercito, mentre il premier e il governo gestiscono gli affari interni. L'estrema destra non è mai salita al potere in Francia al di fuori del periodo del governo collaborazionista di Vichy, durante l’occupazione nazista.
Ma le cose per Macron possono anche andare bene: scegliendo il momento in cui sciogliere il Parlamento, ha recuperato un po' di controllo sul calendario. La sua scommessa è che gli elettori non vogliano davvero mandare Marine Le Pen e il RN al potere, ma che questo fosse un voto di protesta rivolto a Strasburgo. Potrebbe quindi scavalcare l'RN attraverso una coalizione e mantenere il controllo dell'incarico di primo ministro.
Per certi versi assomiglia alla scommessa che David Cameron fece nel 2016, quando chiese ai cittadini di votare se volevano o meno lasciare l'Unione Europea. E naturalmente sappiamo come è andata a finire: ne è uscita la Brexit. Questo è un monito per Macron. Dovrà sperare con tutte le sue forze di non ritrovarsi nella posizione in cui si è trovato David Cameron, che si è totalmente pentito di quel referendum.
Se la sua decisione di indire le elezioni anticipate porterà alla nomina di un primo ministro della RN, sarà una parte importante della sua eredità, come l'eredità di David Cameron sarà sempre segnata da quella fatidica decisione sulla Brexit.
Apple e OpenAI
L’Intelligenza Artificiale è la storia tecnologica del momento. Ma Apple finora non ha fatto parte di questa storia. Così, nella sua Worldwide Developers Conference ha annunciato due notizie:
L'iPhone ospiterà molte nuove funzioni AI.
Apple collaborerà con OpenAI.
La visione dell'intelligenza artificiale di Apple, chiamata Apple Intelligence, sembra piuttosto modesta, una specie di Siri potenziato. L'assistente vocale è presente sull'iPhone da oltre un decennio, ma non si è sviluppato per molti anni. Questo nuovo Siri sarà in grado di trovare le cose sul telefono e di controllarlo. Per esempio, se dovete incontrare qualcuno all'aeroporto, invece di dover andare su un'e-mail per ricordare il numero del volo e poi andare sull'app di mappe per sapere com'è il traffico per arrivare all'aeroporto, potrete semplicemente dire a Siri: "Quando arriva il volo? Qual è il percorso migliore?” Per ricevere una risposta completa.
Poca cosa, se paragonato a quello che si è visto di recente. Per questo c'era anche molta attesa per quello che Apple avrebbe fatto con OpenAI.
"Potrete chiedere a Siri di interpellare i sistemi di OpenAI"
Perché non chiedere a Siri di rispondere alla domanda? Evidentemente la debolezza della tecnologia AI di Apple è tale che deve appoggiarsi ad una azienda del gruppo Microsoft. Come se su un Mac suggerissero di installare Windows.
Sebbene Apple sia rimasta indietro, nessun altro ha ancora chiaro il motivo per cui i consumatori dovrebbero volere l'intelligenza artificiale generativa su uno smartphone. Quindi il terreno resta ancora aperto per l’esplorazione. Uno sei valori fondanti di Apple è quello di garantire riservatezza e sicurezza ai suoi utenti, grazie ai suoi sistemi chiusi, il fatto di appoggiarsi al software di OpenAI, permettergli di integrarsi con tutte le app degli utenti per far funzionare tutto un po' meglio, mette in crisi questo modello.
Al mercato, nel complesso, l’annuncio è piaciuto poco. Elon Musk ha gettato benzina sul fuoco:
Ma il giorno dopo l’entusiasmo ha contagiato gli investitori, l’accessibilità della AI inserita “gratuitamente” dentro i nuovi iPhone ha trasmesso un senso di larga diffusione che lascia intravedere un più facile sviluppo accelerato di nuove funzionalità. A quanto pare Apple non pagherà OpenAI per ottenere i suoi servizi: la posizione di leadership negli smartphone è uno strumento di profitto, una vetrina che OpenAI è contenta di poter sfruttare. Per Apple il monito è che senza innovazione rischia di diventare un fornitore di hardware, come se si stesse trasformando in Dell.
Verso un ESG 2.0
Gli investitori si stanno disamorando delle logiche etico-moralistiche, dall’inizio dell’anno sono usciti circa 40 miliardi $ dai fondi ESG, ovvero guidati da filtri ambientali, sociali e di governance. 3 anni fa era stata fatta una grossa scommessa a livello globale sul fatto che questi approcci di investimento avrebbero dovuto contribuire a rendere il mondo un posto migliore, poi le cose hanno iniziato a raffreddarsi già nel 2022.
Innanzitutto i fondi “sostenibili” hanno registrato rendimenti inferiori rispetto a fondi azionari convenzionali (negli ultimi 12 mesi circa +11% , contro +21%, circa la metà), perché tendono a investire maggiormente in aziende di energia rinnovabile e in grandi aziende con una bassa impronta di carbonio. Queste aziende hanno fatto molto bene durante la pandemia fino alla fine del 2021.
Ma all'inizio del 2022, la Russia ha invaso l'Ucraina e abbiamo assistito al caos dei mercati energetici. I prezzi del petrolio e del gas sono saliti. Le società energetiche, le società di combustibili fossili che avevano sofferto durante la pandemia, poiché la gente non viaggiava più e non c'era più tanta domanda di energia, sono tornate in auge.
Nel 2022, inoltre, le banche centrali hanno aumentato i tassi di interesse per combattere l'inflazione. E questo danneggia i titoli delle società con prospettive più a lungo termine, centrate sulle aspettative di crescita più che sui risultati correnti, perché più esposte alle variazioni del costo del capitale: un impianto di energia rinnovabile prevede che tutti i costi vengano sostenuti nella fase di installazione ed avviamento, mentre per le energie fossili i costi vanno di pari passo all’estrazione del prodotto da vendere.
Infine, soprattutto negli Stati Uniti, c'è stata una forte politicizzazione degli investimenti ESG: molti Repubblicani nel Congresso vedono gli strumenti ESG prevenuti nei confronti delle compagnie petrolifere e del gas e li hanno attaccati, cosa che ha spinto gli investitori (e le società di gestione del risparmio) a riconsiderare la questione.
Gli investimenti sostenibili ESG hanno una loro ciclicità: se i tassi d'interesse iniziano a scendere, potrebbero recuperare la loro performance. E se la performance dovesse risalire, gli investitori tornerebbero ad apprezzarli. Ma è proprio qui che sta lo snodo: se l’apprezzamento per questi strumenti dipende dal loro momento finanziario, non si può chieder loro di “cambiare il mondo”, perché cambiare il mondo non è un mestiere che può dipendere dalle ciclicità e dall’opportunismo.
I filtri ESG sono nati come metodi di gestione del rischio, per permettere agli investitori di evitare di essere coinvolti in aziende che possano trovarsi danneggiati da normative mirate a rendere più costoso o fuori mercato un atteggiamento ambientale, sociale o di governance non adeguato. Se dietro questo schema si iniziano ad affollare approcci moralistici per imporre inefficienze alle imprese, o per portare sui mercati finanziari un posizionamento politico, si finisce per snaturare la logica ESG, rendendola meno appetibile e, di conseguenza, inefficace.
La Silicon Valley si ribella
Un nuovo disegno di legge in California sta cercando di limitare l'intelligenza artificiale e la Silicon Valley non ne è contenta. La legge costringerebbe le aziende di intelligenza artificiale a seguire un rigido protocollo di sicurezza e potrebbe creare un precedente anche al di fuori dello Stato.
La legge prevede che i gruppi di AI garantiscano a questo organismo statale di nuova creazione che non svilupperanno modelli con capacità pericolose (creazione di armi biologiche o nucleari o nuovi strumenti di attacco alla sicurezza informatica). Gli sviluppatori dovranno inoltre riferire regolarmente sui loro test di sicurezza e segnalare a questo organismo eventuali incidenti di sicurezza. Devono inoltre introdurre un cosiddetto kill switch (un “interruttore di emergenza” che spegnerebbe completamente qualsiasi modello) e possono essere citati in giudizio dal procuratore generale dello Stato se non riescono a impedire a terzi di utilizzare i loro modelli per causare questo tipo di danni, o almeno non riescono a garantire al meglio che non si verifichi un uso improprio.
Si sta facendo sempre più pressione sui legislatori statali e federali affinché regolamentino questo settore per evitare potenziali danni, dato che i chatbot e gli strumenti di intelligenza artificiale diventano parte della vita quotidiana di molte persone. Inoltre, c'è stata un'ondata di investimenti di venture capital in questo settore. A ottobre, il Presidente Joe Biden ha annunciato un ordine esecutivo che richiederebbe alle aziende i cui modelli di AI potrebbero minacciare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti di condividere il modo in cui stanno garantendo la sicurezza dei loro strumenti. Trattandosi di un ordine esecutivo, non è ancora stato tradotto in legge e dunque tutto dipende da chi sarà il prossimo presidente.
La legge è passata quasi all'unanimità al Senato della California e sarà sottoposta al voto dell'Assemblea della California in agosto. A San Francisco, alcuni grandi nomi dell'AI stanno protestando ferocemente contro la legge californiana. Sostengono che potrebbe ostacolare gravemente l'innovazione e spingere le start-up nel campo dell'AI a migrare in un altro Stato.
La legge crea enormi responsabilità per rischi estremi, ma “di coda”. Nella Silicon Valley la cultura è di innovare e verificare ex-post, ma le autorità di regolamentazione sono state giustamente criticate per non aver osservato abbastanza da vicino le aziende che crescevano vertiginosamente all'epoca delle dot-com. Questa volta stanno cercando di anticipare i tempi. I sostenitori della proposta di legge affermano che il settore tecnologico si opporrà, perché a loro non piace la regolamentazione. Dicono che questa legge è un buon punto di partenza per assicurarsi che le aziende non possano trascurare la sicurezza.
Messico e nuvole
Il peso messicano è improvvisamente andato in crisi. La valuta è scesa del 9% rispetto al dollaro da quando il Messico ha tenuto le elezioni la scorsa settimana: la presidente eletta Claudia Sheinbaum, in una conferenza stampa, ha ribadito alcune riforme piuttosto controverse. Ha promesso di proseguire il progetto politico di Lopez Obrador, il presidente uscente, con riforme molto ampie e profonde del sistema giudiziario del Paese.
Ci si aspettava che Claudia Sheinbaum vincesse le elezioni, ma non con un margine così ampio. Il suo partito ha ottenuto una maggioranza larghissima al Congresso e ora può tornare su una riforma giudiziaria (l'elezione diretta di centinaia di giudici, compresi i giudici della Corte Suprema) che qualche mese fa gli investitori non pensavano avesse i voti per passare.
Durante l'amministrazione del presidente López Obrador, la Corte Suprema ha dichiarato incostituzionali diverse riforme che López Obrador aveva cercato di approvare. Molti investitori vedono la Corte Suprema come una sorta di garanzia contro alcune delle proposte più radicali avanzate dal governo. La presenza di un tribunale e di un sistema giudiziario indipendenti è ovviamente fondamentale per il tipo di certezza che gli investitori cercano quando investono in Messico.
López Obrador e Sheinbaum, durante la campagna elettorale, hanno citato la relativa stabilità macroeconomica del Messico e la forza del peso come segni di successo economico, quindi per loro è importante in qualche misura. Ora, López Obrador ha dichiarato in conferenza stampa che la giustizia è più importante dei mercati, il che suggerisce che con questo nuovo Congresso, la sua priorità è far approvare questa riforma; probabilmente entro settembre, il suo ultimo mese da presidente.
La UE sceglie i dazi
L'Unione Europea alla fine ha scelto di introdurre dazi sui veicoli elettrici provenienti dalla Cina. A partire dal mese prossimo imporrà un dazio provvisorio del 25% sulle importazioni di veicoli elettrici cinesi, che potrebbe poi aumentare.
Le tariffe potrebbero fruttare alla UE circa 2 miliardi € all'anno, far ridurre la quota di veicoli cinesi di un quarto (favorendo le vendite dei prodotti europei, cosa che porterà un notevole aumento dei prezzi per i consumatori: i prezzi medi degli EV cinesi sono inferiori del 20%) e frenare una competizione sleale (le aziende cinesi sono sostenute da aiuti di Stato, a giudizio della Commissione UE). I dazi colpiranno anche Tesla, le cui vetture sono prodotte in Cina.
La Germania non approva: teme che queste tariffe potrebbero scatenare una guerra commerciale. Pechino ha già annunciato ritorsioni, applica già una tariffa del 15% sui veicoli elettrici europei e la alzerà. La Germania ha esportato 216.299 auto in Cina nel 2023 (-15% rispetto al 2022) e la prospettiva a questo punto è di venderne ancora meno. Inoltre anche Mercedes e Volkswagen hanno impianti produttivi in Cina e rischiano di subire dazi sul mercato europeo.
Gli Stati membri dell'UE dovranno votare entro il 2 novembre per decidere se applicare le tariffe. Esistono ottime ragioni per intervenire nell'economia: ridurre le disuguaglianze, creare sicurezza, promuovere le industrie nascenti, limitare l'instabilità macroeconomica e minimizzare le vulnerabilità strategiche. Ma il protezionismo raramente raggiunge questi obiettivi.
I dazi sono di fatto tasse sui consumatori il cui gettito va in parte al governo, ma in gran parte ai produttori: la tassazione si nasconde nell'aumento del prezzo del bene e la spesa si nasconde nell'aumento dei profitti dei produttori tutelati dalla concorrenza.
I dazi impongono una “distorsione del mercato interno”: fanno ridurre i beni importati, ma il reddito e la spesa aggregati nell'economia sono gli stessi. Quindi, con meno importazioni, diminuirà la necessità di acquistare valuta estera. Ciò rafforza la valuta e rende le esportazioni meno competitive. Gli esportatori sono i produttori più competitivi del Paese. Proteggere i produttori non competitivi dalla concorrenza estera danneggia i produttori più competitivi.
Non è una questione teorica. La Storia è piena di esempi di come la politica commerciale protezionistica renda più vulnerabili le economie che la adottano. E non è tutto. Ci sono anche effetti distributivi negativi: la ricaduta può facilmente essere un calo reale dei redditi, specialmente per i lavoratori a reddito basso. La guerra commerciale del 2018-19 lanciata da Trump ha in realtà danneggiato gli Stati Uniti: i dazi sulle importazioni di merci straniere non hanno né aumentato né diminuito l'occupazione statunitense nei settori protetti; mentre i dazi di ritorsione hanno avuto chiari impatti negativi sull'occupazione.
I dazi sono tasse. Quel che è peggio, sono inefficienti, regressivi e quasi sempre provocano ritorsioni. Sì, ci sono argomenti perfettamente fondati a favore dell’intervento pubblico sull’economia. Ma queste politiche commerciali le abbiamo viste all’opera, un secolo fa...
Da investitore non posso evitare di osservare che i dazi costituiscono per le imprese un incentivo a spostare la produzione dalla Cina, non tanto verso “casa”, bensì in altri Paesi in via di sviluppo come India, Messico, Polonia, Vietnam, Romania, Indonesia…
L'India per esempio sta attraendo con successo diverse aziende occidentali che stavano uscendo dalla Cina: Apple sta spostando la produzione di iPhone in India e anche Tesla potrebbe fare lo stesso. Laddove il protezionismo nasce da opposizione geopolitica, dove dimostra di funzionare ha più probabilità di diventare duraturo, fornendo da un lato certezze agli investitori, e dall’altro una dinamica dei prezzi più inflattiva, visto che le produzioni andavano in Cina per ragioni di efficienza.
Visto che anche le aziende cinesi stanno costruendo fabbriche in Vietnam o in Messico per eludere i dazi americani, posizionarsi su queste economie rappresenta una opportunità maggiore del solito, non dimentichiamo infatti che lo spostamento delle produzioni in paesi vicini serve anche a ridurre la dipendenza dai trasporti globali, e quello che accade nel Canale di Suez rappresenta un incentivo chiaro a darsi da fare.
Effetti dei dazi sulla Cina
I dazi europei arriveranno fino al 48% per alcune case automobilistiche cinesi. Una cifra piuttosto elevata, ma non quanto quella imposta dagli Stati Uniti qualche settimana fa. Cosa comporta tutto questo per la Cina e la sua industria dei veicoli elettrici?
L'Europa ha sollevato il problema del sostegno statale illegale che viola le regole del commercio internazionale. La questione è giunta al pettine a causa dell'arrivo di un enorme numero di veicoli cinesi nei porti europei. Questi veicoli elettrici sono più economici e più tecnologici di molte delle auto disponibili sul mercato europeo. E a Bruxelles si è diffusa l'opinione che la situazione si sia spinta troppo oltre e che fosse necessario ed urgente fare qualcosa.
Nel breve termine, questi dazi genereranno prezzi più alti per i veicoli cinesi, un rallentamento delle vendite e quindi delle spedizioni dalla Cina. Ma probabilmente, a lungo termine, gli esperti ritengono che questo non sarà sufficiente a fermare le aziende cinesi dal puntare alle vendite di veicoli elettrici in Europa. Se guardiamo a BYD, il più grande produttore cinese di veicoli elettrici e uno dei più grandi al mondo, è già ben posizionato in Europa. Sta investendo molto nella produzione locale attraverso l'Ungheria, che è un Paese molto più favorevole alla Cina rispetto ad altre parti del blocco europeo, e altre aziende potrebbero seguire l'esempio di BYD.
Pechino accusa l'Europa di protezionismo e nega che ci sia stato un sostegno statale che ha avvantaggiato ingiustamente le aziende cinesi. In termini di ritorsioni specifiche, a Pechino piace colpire chirurgicamente Paesi e industrie per inviare un messaggio molto chiaro. A gennaio, ad esempio, il ministero del Commercio cinese ha avviato un'indagine sulle spedizioni di cognac francese in Cina. E questa è stata una mossa chiaramente mirata a punire la Francia per il suo sostegno a questa indagine sugli EV.
Negli Stati Uniti i dazi sui veicoli elettrici cinesi sono del 100% e la Cina si vede praticamente tagliata fuori dal mercato statunitense. Piaccia o meno, poiché la Cina ha costruito una catena di approvvigionamento davvero impressionante per i settori cruciali della tecnologia pulita - non solo i veicoli elettrici, ma anche cose come il solare e l'eolico e molti altri settori - le aziende cinesi stanno puntando sempre più al resto del mondo. Quindi tutti i principali mercati emergenti e tutti i Paesi in via di sviluppo sono davvero in gioco. E credo che è proprio qui che vedremo la Cina spostarsi. E stiamo già vedendo la Cina spostare gran parte delle sue esportazioni verso questi mercati.
La de-dollarizzazione può attendere
L'obiettivo principale delle banche centrali è garantire la liquidità e la stabilità finanziaria. Ma oggi le banche centrali acquistano dollari anche perché trovano rendimenti più interessanti sugli asset in dollari per le loro riserve: i tassi di interesse negli Stati Uniti sono ai livelli più alti degli ultimi decenni e la prosecuzione della politica di tassi "Higher for longer” (più alti per più a lungo) prolunga questo effetto.
Le banche centrali dispongono di trilioni $ in valuta estera, che utilizzano per facilitare le transazioni internazionali, mantenere la stabilità delle loro valute nazionali e gestire varie sfide economiche. Il dollaro è la principale valuta di riserva perché gli interscambi commerciali vengono effettuati spesso in dollari e il prezzo dei beni a livello globale viene determinato, espresso, in dollari. Inoltre gli Stati Uniti hanno la più grande e una delle più stabili economie del mondo, il che rende il dollaro un bene rifugio per gli investitori.
All'inizio del secolo il dollaro rappresentava circa il 70% di tutte le riserve. Oggi è sceso a circa il 50%. Molti Paesi vorrebbero ridurre la dipendenza dal dollaro per ridurre la vulnerabilità a eventuali future sanzioni, un tema diventato d’attualità da quando, in seguito all'invasione russa dell'Ucraina, si parla dell’uso del dollaro come arma diplomatica.
Alcuni paesi hanno aumentato la loro esposizione in valuta estera verso la Cina. In particolare i paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) volevano che il renminbi assumesse il ruolo di valuta di riserva globale. Ora la situazione è cambiata: il pessimismo sulle prospettive economiche della Cina, il nervosismo sulla trasparenza del mercato cinese e i rischi geopolitici non invogliano molti paesi ad affidarsi alla moneta di Pechino.
Il processo di de-dollarizzazione globale è quantomeno in una fase di pausa, dato che sul dollaro si ottengono ancora rendimenti più elevati. L'economia cinese ora sta mostrando alcuni segnali di ripresa (tutti da verificare). Nel lungo periodo l’allocazione al renminbi tornerà ad aumentare e la presenza del dollaro nelle riserve valutarie continuerà a ridursi nel prossimo decennio.
Scandalo in Giappone
Un caso molto grave di problemi diffusi con i dati dei test di sicurezza di alcune delle maggiori case automobilistiche giapponesi (Toyota, Honda, Mazda, Subaru e Yamaha) ha colpito il Giappone.
La vicenda ha causato la sospensione di sei modelli dopo che il ministero dei Trasporti ha indagato su circa 85 aziende del settore. Si tratta di una serie di dati o di errori piuttosto specifici e diversi, che in alcuni casi sfiorano l'intenzionalità.
Visto che guido una Toyota, la notizia mi ha incuriosito e preoccupato: i modelli attualmente in produzione presentavano, ad esempio, carenze di dati nei test di protezione dei pedoni e degli occupanti, un caso in cui l'angolo d'impatto del test era più severo di quello richiesto dalle norme di legge e un altro caso in cui il test riguardava solo un lato dell'auto anziché entrambi.
Per quanto ne sappiamo, e dobbiamo essere cauti perché le indagini sono ancora in corso e dovrebbero concludersi alla fine di giugno, questo non sembra avere le caratteristiche della truffa deliberata, come accadde in occasione del Dieselgate: Volkswagen usava un software nei motori diesel in grado di rilevare quando vengono testati, modificando così le prestazioni dei risultati e consentendo la produzione di auto che non soddisfacevano gli standard che avrebbero dovuto rispettare.
Tutte le case automobilistiche hanno dichiarato che i dati errati non hanno influito sulla sicurezza delle loro auto.
Certo non è una bella figura per l'industria automobilistica giapponese. E non è nemmeno una bella figura per il presidente di Toyota, Akio Toyoda, che quest'anno si è scusato due volte per problemi simili. E ora è atteso all'assemblea generale di Toyota, che si terrà il 18 giugno, quindi tra pochi giorni.
Il Gruppo Toyota ha un sacco di partecipazioni incrociate e di azionisti amici, come è tipico in Giappone (ennesima similitudine con l'Italia). Quindi non credo che Toyoda rischi di essere sollevato dal suo incarico. Ma avrà un'ulteriore erosione del sostegno. Akio Toyoda ha già perso un po' di fiducia degli investitori o di sostegno degli azionisti in occasione dell'assemblea generale dello scorso anno. Vedremo presto cosa succederà: è il nipote del fondatore dell'azienda. Quindi è un uomo molto importante per Toyota, per l'industria automobilistica giapponese e per l'economia giapponese tutta.
Nel frattempo lo Yen continua la sua discesa, oggi è ai minimi di sei settimane dopo che la Banca Centrale giapponese ha mantenuto invariato il suo piano di acquisto di obbligazioni, affermando che deciderà un piano dettagliato per ridurre gli acquisti nella prossima riunione di luglio. Il tasso di riferimento è stato mantenuto tra lo zero e lo 0,1%, come ampiamente previsto. La distanza fra tassi troppo bassi e inflazione sta incentivando le vendite di Yen causando disagi alla popolazione (il cibo e l'energia sono ampiamente importati in Giappone e dunque si fanno sempre più cari).
Curiosità
La crescita di Nvidia deriva essenzialmente dal boom di vendite di chip per i tanti datacenter che vengono costruiti nel mondo. Ma come si costruisce un datacenter? Ce lo spiega
Il nuovo campus di Intel in Ohio procede: sono arrivati materiali per 400 tonnellate (l’equivalente di 76 elefanti) per costruire una struttura autoportante grande quanto un campo da calcio, per processori ad aria con la tecnologia criogenica necessaria per fabbricare semiconduttori. E’ un progetto da 28 miliardi $ sarà la prima fabbrica di semiconduttori all'avanguardia nel Midwest.
Buon weekend in musica con l’anello della catena del rock che congiunge Jimi Hendrix con i Rage against the Machine, ovvero il gruppo newyorkese Living Colour:
Da ex chitarrista... la citazione dei living colour da applausi