La settimana dell'Alieno #67
Rassegna delle notizie economico-finanziarie del 7 - 11 ottobre 2024
La polizza sul cambiamento climatico
L'uragano Milton ha lasciato una scia di distruzione sulla Florida. Secondo le prime stime, le perdite assicurate potrebbero raggiungere i 60 miliardi$. Questo avviene meno di due settimane dopo che l'uragano Helene ha colpito alcune delle stesse aree.
Fortunatamente per gli abitanti della Florida, sembra che l'uragano Milton sia stato meno grave di quanto sembrava inizialmente. Si è abbattuto come tempesta di categoria tre, indebolita da una categoria cinque. E non ha colpito direttamente la città di Tampa, come si temeva. Ci sono state inondazioni diffuse. I venti sono stati così potenti che il tetto dello stadio è stato strappato via. Ma l'ondata di tempesta e le inondazioni sono state un po' meno di quanto ci si aspettasse. Il governatore della Florida, Ron DeSantis, ha dichiarato giovedì mattina che si è trattato di un evento significativo, ma non dello scenario peggiore.
Cosa significa questo per le compagnie di assicurazione e per il mercato assicurativo?
Due uragani che si abbattono uno dietro l'altro sono ovviamente un problema per il mercato assicurativo. Gli assicuratori della Florida sono ovviamente abituati agli uragani, non ne sono estranei. Ma questo uragano ha colpito la parte settentrionale dello Stato, invece del sud-est della Florida che è sempre stato considerato ad alto rischio. Gli assicuratori hanno piazzato quindi più polizze nella parte settentrionale, perché è considerata un luogo più sicuro e attraente. E ora questo uragano che colpisce quelle aree che normalmente non subiscono tanti danni, probabilmente causerà maggiori perdite per le compagnie assicurative.
La frequenza e la forza di questi eventi atmosferici è destinata ad aumentare. Le persone avranno bisogno di un'assicurazione sulla casa. Gli assicuratori dovranno ovviamente coprirsi con dei premi più elevati sulle polizze per effetto della ponderazione del rischio. Quindi per le persone potrebbe essere sempre più difficile riuscire ad assicurarsi, a meno di ricevere un aiuto pubblico.
Don Quixote de la… banca
Integrazione finanziaria nell'UE per competere sulla scena globale. Il Rapporto Draghi ha concesso molto spazio a questo tema, mentre gli Stati membri dell’UE hanno resistito per anni alla rimozione delle barriere nei mercati dei capitali tra i Paesi. La Spagna sembra avere delle idee in proposito: invece di convincere tutti i 27 Stati membri dell'UE a concordare qualcosa sul fronte economico, propone un nuovo approccio, ovvero far sì che tre, quattro o forse cinque Stati membri si accordino su iniziative per avvicinarsi tra loro.
La Spagna vorrebbe istituire un laboratorio di competitività in cui alcuni Stati membri possano sperimentare idee come la creazione di un nuovo sistema di rating del credito con cui le aziende possano ottenere valutazioni valide non solo in Spagna, ma anche negli altri Stati membri. Ciò consentirebbe a queste aziende di raccogliere capitali, auspicabilmente a tassi competitivi, in più Paesi, invece di rimanere bloccate nel proprio Paese.
Questa ambizione esiste da molto tempo. L'ostacolo è stato che ci sono alcuni Stati membri che quando sentono parlare di integrazione economica intendono solo “perdita di sovranità”, temono che Germania e Francia finirebbero per decidere tutto.
Se la Spagna riuscirà a creare un nuovo sistema di rating con quattro o cinque Paesi diversi potrebbe dare una scossa. A meno di preferire un'Europa a due binari, in cui alcuni Paesi sono integrati economicamente e altri no: chi vorrebbe restarne fuori? Il problema di frammentazione perenne va a sua volta preso a picconate e frantumato.
Invasioni “bancariche”
Il cancelliere Olaf Scholz continua a vedere la partecipazione di Unicredit in Commerzbank come un “attacco ostile”, mentre per l’opposizione (CDU) un'unione delle due banche sarebbe un “disastro per il mercato bancario tedesco”: Berlino esige che il presidio finanziario con logiche di territorio prevalga, e vuole evitare in ogni modo che le decisioni sui prestiti e la gestione del rischio vengano trasferite in Italia.
Ma l’obiettivo di Unicredit è quello di espandere, e non ridurre, le sue attività di prestito, dato che una delle motivazioni principali per un'operazione è quella di aumentare la sua presenza sul mercato corporate tedesco.
Il portafoglio di prestiti della Commerzbank alle imprese in Germania ammonta a 99 miliardi€ (+19% dal 2021). Nello stesso periodo, i prestiti bancari complessivi alle imprese in Germania sono aumentati del 12% (dati Bundesbank).
Secondo i dati della BCE, dal 2020 le imprese tedesche hanno pagato, in media, tassi di interesse più alti sui prestiti bancari rispetto alle loro omologhe italiane. Il provincialismo del sistema finanziario tedesco ha un costo che si esprime in competitività. Non è un caso se questo discorso è uno dei punti chiave del rapporto Draghi sulla competitività in UE.
Italia e Germania, oltre ad essere partner commerciali reciprocamente molto intrecciati, condividono un tessuto economico fatto di piccole imprese industriali a gestione familiare orientate all'esportazione, e dunque rispondono a logiche creditizie analoghe, più facilmente integrabili.
Le PMI apprezzano il forte radicamento regionale dei loro partner bancari, i contatti fissi, la stabilità degli interlocutori. Ma partner finanziari forti e solidi sono altrettanto importanti per le PMI.
Il panorama bancario europeo ha bisogno di cambiare. E la via delle fusioni, all'interno dell'Eurozona, è quella più sensata.
Space economy
È in corso una battaglia per il controllo di qualcosa a cui probabilmente non si pensa mai: lo spettro radio. L’azienda SpaceX, di Elon Musk, vorrebbe averne di più. Lo scontro potrebbe avere conseguenze importanti sulle telecomunicazioni sulla Terra.
Come un'autostrada con molte corsie, lo spettro radio è la banda di frequenze elettromagnetiche su cui possono essere trasmessi i dati wireless, regolato dall'Unione Internazionale delle Telecomunicazioni, essenzialmente un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite, e a livello nazionale da ogni Stato, ma il suo utilizzo è in realtà coordinato dall'UIT.
L'Unione Internazionale delle Telecomunicazioni è formata da 190 Stati membri che si riuniscono ogni 3 o 4 anni per rivedere il regolamento radio, ovvero un trattato internazionale sulle modalità di utilizzo dello spettro. Si parla di come sia stato allocato abbastanza spettro per il WiFi, ad esempio, o se sia necessario meno spettro per la radiodiffusione. Perché il problema è che la condivisione dello spettro tra tutti genera il rischio di interferenze.
La space economy oggi è sempre più interessata all’orbita terrestre bassa. 20 anni fa, quando la prima ondata di operatori in orbita terrestre bassa ha avviato le prime attività commerciali in quella zona, l'ITU ha stabilito delle regole che imponevano agli operatori in orbita terrestre bassa di limitare la potenza dei loro segnali.
Ma ora Elon Musk ha più di 6.000 satelliti in orbita terrestre bassa:
“Queste regole limitano la capacità che posso offrire ai miei clienti. Quindi dovete permettermi di trasmettere a una potenza maggiore.”
SpaceX è riuscita a lanciare la banda larga in orbita terrestre bassa più rapidamente di quanto si potesse immaginare. In soli cinque anni con i suoi oltre 6mila satelliti riesce a servire più di 100 Paesi, dominando le comunicazioni a banda larga dallo spazio. Dargli più banda dello spettro radio li renderà ancora più potenti, prima ancora di sapere quali saranno le conseguenze.
Smantellare Google?
In agosto il tribunale ha stabilito che il gigante tecnologico detiene un monopolio illegale sulla ricerca online ed il mercato degli spazi pubblicitari. Nella tarda serata di martedì, il Dipartimento di Giustizia ha depositato un documento in cui vengono delineati i cosiddetti potenziali rimedi.
Sicuramente quello più eclatante rimane la ricerca di rimedi strutturali, che in parole povere significa la disgregazione di Google. Non sappiamo ancora esattamente quale forma assumerebbe. Ma Google sembra in un angolo a causa degli accordi anticoncorrenziali che ha stipulato con tutta una serie di aziende nel corso degli anni per decine di miliardi$, al fine di garantire che la ricerca di Google rimanga l'impostazione predefinita.
Google ha già dichiarato con forza di voler avviare un processo di appello che potrebbe arrivare fino alla Corte Suprema e che potrebbe durare anni.
È molto più difficile smantellare un monopolio una volta che è già stato creato. Inoltre, c'è da chiedersi fino a che punto gli utenti cambierebbero effettivamente il loro comportamento. Anche se, poniamo, Google venisse smembrato, la gente cambierebbe davvero automaticamente comportamento e non userebbe più il motore di ricerca di Google?
Tuttavia il Dipartimento di Giustizia vorrà delimitare la posizione di Google sul mercato, anche solo per creare potenzialmente un campo di gioco più equo per i futuri sviluppi dei servizi tecnologici e per creare una struttura di mercato diversa che cerchi di prevenire potenzialmente altri comportamenti anticoncorrenziali in futuro.
Robotaxi per tutti
La cinese Baidu, che da marzo scorso eroga un servizio di robotaxi in Cina 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, starebbe pensando ora di espandere la sua unità di robotaxi, Apollo Go, nei mercati internazionali dopo che le attività sul mercato domestico sono prossime al breakeven.
Nel frattempo, Tesla ha presentato questa settimana i suoi robotaxi, il Cybercab che vorrebbe produrre entro il 2027 e il Robovan che trasporterebbe fino a 20 persone, sperando di recuperare il ritardo in un mercato che sembra molto promettente.
Musk ha ripetutamente mancato i propri obiettivi di lancio dei taxi a guida autonoma, promettendo per la prima volta corse completamente autonome da Los Angeles a New York entro la fine del 2017. Nel 2019 aveva previsto che 1 milione di robotaxi sarebbero stati in circolazione entro l'anno successivo.
Un altro sviluppatore cinese di robotaxi, WeRide, ha recentemente annunciato una partnership con Uber per integrare le sue auto sulla piattaforma ad Abu Dhabi.
Orbán: calamita per alcuni, calamità per altri
L'estrema destra sta guadagnando lentamente ma costantemente terreno in Europa e si è coalizzata attorno al Primo Ministro ungherese Viktor Orbán. L'establishment dell'Unione Europea non è contento di questo fenomeno e si sta attivando sempre più per mettere il presidente ungherese di fronte alle sue incoerenze. A febbraio Budapest ha approvato una legge che in pratica consente di perseguire gli oppositori politici per aver ricevuto finanziamenti dall'estero. Si tratta di sovranità nazionale, sostiene il governo ungherese, ma l'UE e l’opposizione in Ungheria sostengono che si tratta di un'azione politica contro gli oppositori che viola i diritti fondamentali dei cittadini.
Le controversie legali tra Ungheria ed UE formano una lista sempre più lunga: immigrazione, istruzione, diritti LGBTQ… la UE sta cercando di limitare quello che Orbán stesso ha definito il suo progetto di “democrazia illiberale”. Queste tensioni sono anche legate alla vicinanza di Orbán a Putin: ha infatti sempre cercato di ritardare o bloccare le sanzioni contro la Russia o le decisioni a sostegno dell'Ucraina.
Orbán è il collante che tiene insieme il terzo gruppo più numeroso del Parlamento europeo, un risultato che ha raggiunto quest'anno dopo le elezioni di giugno, i cosiddetti Patrioti per l'Europa: una formazione che comprende il partito di Marine Le Pen in Francia, AfD in Germania, la Lega in Italia, nonché il Partito della Libertà ceco e slovacco e quello austriaco.
Ciò che preoccupa l'establishment europeo sono le posizioni scettiche nei confronti dell'Ucraina e piuttosto favorevoli alla Russia. Questo gruppo, nel Parlamento europeo, sta provocando uno spostamento di baricentro perché vediamo che anche i partiti tradizionali si sono spostati più a destra.
Da quando è scoppiato anche il conflitto in Medio Oriente, poi, le divisioni fra Paesi sono aumentate. E non è una bella immagine per l'UE essere così divisa, soprattutto in questo caso in cui si tratta di conflitti proprio alle sue porte. E questo influisce anche su altre decisioni politiche future.
Lo snodo resta quel meccanismo intergovernativo, voluto a suo tempo da De Gaulle, che garantisce ad ogni Stato membro della UE un diritto di veto, perché ogni decisione non viene presa a maggioranza ma richiede unanimità. Ma se un solo Paese blocca sempre le decisioni di tutti gli altri, la sola cosa che emerge è l'impotenza dell'UE.
I vuoti d’aria di Boeing
Un grande sciopero, per motivi salariali, sta causando altri problemi a Boeing. Sono 33.000 gli operai dell'azienda che stanno scioperando per ottenere un aumento salariale del 40% in quattro anni. E questo per compensare il fatto che negli ultimi otto anni l'aumento è stato in totale solo del 4%.
L’azienda ha offerto un aumento del 30% per i salari, ma il sindacato ha respinto la proposta, che ora è stata ritirata.
Stephanie Pope, amministratore delegato della Boeing Commercial Airplanes: “Il nostro team ha negoziato in buona fede”, ha scritto ai dipendenti in una lettera pubblicata martedì. “Purtroppo il sindacato non ha preso in seria considerazione le nostre proposte. anzi, ha avanzato richieste non negoziabili di gran lunga superiori a quelle che possono essere accettate se vogliamo rimanere competitivi come azienda”.
E’ arrivata l’inflazione e l’impatto sul costo della vita dei lavoratori si fa sentire. Boeing ha già un sacco di gatte da pelare, il 737 Max ha avuto diversi incidenti e problemi, l'azienda deve quindi migliorare la qualità della produzione. Inoltre, l'azienda sta affrontando la prospettiva di un aumento di capitale diluitivo da 10 miliardi$ per raccogliere nuove risorse. E più lo sciopero si protrae, più si ha bisogno di denaro: il costo azienda di questo sciopero è di circa 50 milioni$ al giorno.
L'azienda ha un debito di 53 miliardi$ che matura periodicamente interessi, e tutte le agenzie di rating la valutano ai limiti dell’investment grade, appena sopra la soglia della “spazzatura”, anzi per S&P l'ipotesi di un taglio di rating su Boeing come conseguenza dell'impatto di questo sciopero non è affatto da escludere, mettendo la società in creditwatch negativo. Quindi reperire capitale attraverso nuove emissioni di debito è una strada poco percorribile.
India a tutta energia
L'India sta incentivando la trivellazione di petrolio: ne consuma 5 milioni di barili al giorno, e il consumo di petrolio sta crescendo molto rapidamente perché l'economia del Paese è in crescita. Ma al momento produce solo circa 700.000 barili di petrolio al giorno. C'è quindi un enorme divario.
Il governo di Modi stima che in tutta l'area dell'Oceano Indiano e in altre zone ci possa essere molto petrolio, ma nessuno è stato in grado di cercarlo: la burocrazia indiana è… elefantiaca, senza contare il rischio politico: le concessioni per l’esplorazione non danno garanzie che il governo indiano non requisisca i giacimenti.
Il ministro del petrolio indiano vuole introdurre tre riforme:
Aprire l’accesso alle aree dell'Oceano Indiano che erano sostanzialmente vietate per ragioni militari o di altro tipo.
Incentivi per le compagnie petrolifere ad esplorare, riducendo l’investimento necessario iniziale.
Una modifica alla legge sui giacimenti petroliferi per dare alle compagnie un po' più di protezione, un quadro legale definito per le controversie, e una garanzia di esenzione da improvvisi cambiamenti fiscali.
L’India vuole ridurre il suo deficit, ma è anche preoccupata di riuscire a smaltire i propri giacimenti non sfruttati per tempo: se lasceranno il petrolio dov’è e non si affretteranno a estrarlo, la transizione energetica avverrà e nessuno vorrà più quel petrolio. È come una gara, e questi progetti richiedono molto tempo. Per quanti anni ci sarà ancora un grande mercato per il petrolio prima che le altre forme di energia lo marginalizzeranno?
Chi vorrà investire miliardi per andare a cercare sotto le profondità dell’Oceano Indiano giacimenti da collocare mentre l’orologio corre? Sarà difficile, ma il governo sta tirando fuori tutte le sue carte per cercare di far sì che ciò accada.
Giappone
Questa settimana i politici giapponesi sono entrati in modalità campagna elettorale, dopo che il nuovo primo ministro ha indetto elezioni anticipate. Shigeru Ishiba ha avuto un inizio difficile per il suo mandato. Il suo partito liberaldemocratico è stato il partito dominante per decenni, ma ora sta perdendo consensi e Ishiba sta cercando di invertire la tendenza.
C'è il rischio concreto che gli elettori puniscano il partito per gli scandali sulle spartizioni di denaro pubblico e per la percepita cattiva gestione dell'economia giapponese (i salari reali sono in forte calo a causa della svalutazione dello Yen mentre la dinamica dei prezzi si è girata dopo anni di deflazione).
Il Presidente ha detto chiaramente che vuole essere assolutamente certo che il Paese esca dalla deflazione, che per lungo tempo ha pesato sui posti di lavoro e sui salari, ma anche che esca dalla deflazione in modo molto controllato.
Non c'è un vero rischio che i Liberal-Democratici perdano completamente il potere, ma c'è il rischio molto serio che la punizione che potrebbe essere inflitta dall'elettorato li danneggi gravemente. Se perderanno 25 seggi, se ne perderanno 29, se ne perderanno 40, ognuna di queste fasce di perdita avrà un effetto diverso e molto negativo sulla capacità del partito di governare. E ognuna di queste perdite sarà un duro colpo per Ishiba, che potrebbe non durare a lungo come primo ministro se riuscirà a guidare il suo partito in un'elezione in cui perderà la maggioranza assoluta a cui è stato abituato negli ultimi cinque o dieci anni.
Curiosità
A dispetto del tempo, l'Illuminismo è ancora attuale, dice
. E in effetti, anche Steven Pinker invoca in “Illuminismo adesso” un recupero di quello schema di valori.Vi siete mai imbattuti in
di Federico Favot? Qui trovate l’ultimo numero, si tratta di istantanee che ricordano i “momenti di trascurabile felicità” di Francesco PiccoloLa scorsa settimana parlando di conti pubblici discutevamo dell’importanza dell’indirizzo della spesa pubblica, non solo della sua entità. La Commissione per il Commercio, la Scienza e i Trasporti del Senato degli Stati Uniti, ha analizzato le sovvenzioni pubbliche, evidenziando che circa il 16% di tutte le sovvenzioni sono state assegnate a progetti discutibili che promuovevano i principi della diversità, dell'equità e dell'inclusione. Erano solo l’1% fino a prima della pandemia. E negli ultimi mesi il trend è in accelerazione.
Buon weekend in musica, con Allie X e il suo goth-pop
E' possibile che il report della Commissione per il Commercio, la Scienza e i Trasporti del Senato degli Stati Uniti sia a sua volta politicizzato? Leggo ranking member Ted Cruz, non so cosa significhi ranking mamber ma non vorrei sia un bias.
Detto questo il problema dello sdoganamento delle idiozie nella lista degli argomenti scientifici è reale e ben venga che esista una qualche forma di opposizione