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Avatar di Gianni Berardi

Alcune considerazioni su quello che sta diventando oggi l’apprendimento ed il lavoro di concetto (da quello scientifico fino all’amministrativo) nell’era dell’intelligenza artificiale.

Di seguito il link ad uno studio del MIT portato alla mia attenzione dalla Settimana dell'Alieno #100:

"[…] il MIT ha studiato per 4 mesi l’impatto dell’utilizzo di AI: le connessioni neurali degli utenti intensivi di ChatGPT calano del 47%. Un’altra prova di atrofia cognitiva è stata ottenuta chiedendo di scrivere senza l'AI, con risultati peggiori degli utenti intensivi rispetto alle persone che non avevano mai utilizzato l'AI. Come un muscolo che ha dimenticato come funzionare.

Il team del MIT ha realizzato scansioni per 4 mesi: il danno cerebrale causato dall'uso eccessivo della AI è misurabile e concreto.

ChatGPT velocizza del 60% la realizzazione, ma riduce del 32% il “carico cognitivo pertinente” necessario per l'apprendimento effettivo.

In pratica chi si affida alla AI paga in capacità cerebrale a lungo termine per avere in cambio velocità di realizzazione nel breve termine."

Sono nato a cavallo di due generazioni, Gen X e Millennial; mi sono formato nel tempo in cui le fonti della conoscenza erano limitate esclusivamente alla pagina stampata, alla trasmissione televisiva che andava in onda solo in quel preciso giorno, a quella precisa ora, senza repliche, ai vhs a noleggio ed ai racconti degli anziani.

Questo mi ha permesso di apprezzare che la conoscenza ha un costo che va oltre l’impegno che ci mettiamo nell’acquisirla.

Quando internet ha cominciato a far parte della vita di tutti, abbiamo assistito alla democratizzazione delle fonti da cui quella conoscenza poteva essere fatta propria. Il che ha significato l’azzeramento dei costi, con buona pace del copyright, e la possibilità di accedervi a prescindere dal proprio status sociale e la capacità di travalicarlo.

Il fatto che le fonti fossero smisurate permetteva di acquisire quella che anni dopo fu ribattezzata “google fu”, cioè la capacità di scavare nella rete e mettere insieme criticamente le informazioni migliori. Insomma una sorta di Biblioteca di Babele a là Borges dove ricercare la verità nel caos

https://www.libraryofbabel.info/

La AI si presenta come il passo successivo perchè ,per costruzione, rappresenta la sistematizzazione dei dati (in primis su base statistica) della biblioteca digitale modiale e dei suoi linguaggi, sia umani che di programmazione.

Cosa che permette il dialogo diretto con essa, introducendo un elemento nuovo: la possibilità di moltiplicare gli approcci ad uno stesso argomento usando strumenti che prima potevano essere riservati solo agli specialisti.

Faccio un esempio concreto: un analista finanziario, dotandosi delle basi di python può intraprendere un percorso che può portarlo a scrivere lui stesso (tramite l’aiuto decisivo della AI) il codice necessario per le analisi necessarie al suo lavoro, liberando una quota di creatività destinata a rimanere chiusa nel cassetto. E questo in pochissimo tempo.

E’ la democratizzazione dei linguaggi e la potenziale realizzazione del ideale platonico di ricerca della “verità” con la dialettica attraverso la AI:

"la dialettica si serve di ipotesi, di cui ignora la verità e ne deduce le conseguenze, per giudicare in base a queste se l’ipotesi sia vera o falsa. Come si possa accertare la verità, viene detto nella Repubblica, dove Platone afferma che per arrivare al principio anipotetico, bisogna “distruggere le ipotesi” ovvero confutarle. Ciò significa che bisogna prima formulare tutte le ipotesi possibili riguardo ad un argomento, poi cercare di distruggerle tutte mediante delle confutazioni, l’ipotesi che riuscirà a resistere alle confutazione, una volta distrutte tutte le altre, sarà quella vera, cioè un principio non ipotetico." https://www.istitutocalvino.edu.it/blog/2012/12/platone-e-la-dialettica/

Questo significa usare la AI come strumento di ricerca e di miglioramento personale.

Siamo in realtà ad un bivio. Il primo istinto è quello di delegare totalmente il sapere alla AI, soprattutto da parte di chi non ha vissuto il passaggio Carta-Digitale.

Rivolgersi ad essa quando necessario accettando la prima risposta, qualunque sia; una conoscenza usa e getta alla bisogna.

Il risultato sarebbe inevitabilmente quello rilevato dallo studio del MIT.

Il problema è che così come la massa è pronta ad accogliere il letargo della ragione, c’è una parte minoritaria che spinge affinchè ciò avvenga. Ed è naturale pure questo: in un mondo di ciechi, se i miei figli hanno un occhio solo saranno presidenti.

Come al solito dipenderà dalle istituzioni, da come riusciranno a riformare l’apparato educativo tralasciando le convenienze politiche e seguendo le indicazioni di studi indipendenti.

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