Quando si allineano gli interessi tra due (o più) controparti si generano le condizioni di un comportamento che premia tutte le parti in causa. In una parola: entra in gioco un incentivo.
Sembra semplice, ma in realtà trovare incentivi che allineino gli interessi delle parti in causa contiene sempre un sacco di insidie: avete mai partecipato a una assemblea di azionisti, quando metà vuole che gli utili vengano distribuiti in dividendi e l’altra metà che vuole che l'azienda reinvesta l’utile per crescere?
Si può dare un premio al management in proporzione agli utili realizzati, ma non tutti gli utili sono uguali: ho visto manager gonfiare i numeri riducendo le spese di ricerca e sviluppo, o di marketing, o cambiando le ipotesi contabili per ridurre artificialmente gli oneri di ammortamento. Ci sono un milione di modi per manipolare le cose, dovrei dire per fortuna: rende complesso il mestiere dell’investitore e necessario il mio contributo.
L’investitore più famoso del mondo, Warren Buffet, ne parla spesso: incentivare i venditori con un obiettivo sulle vendite da raggiungere sembra ragionevole, ma spesso il risultato è che i venditori cercheranno di fare sconti e tagliare i prezzi a livelli insostenibili per raggiungere più facilmente gli obiettivi.
Si tratta di un problema, in particolare per le aziende che vendono contratti di servizio a lungo termine o lavori a progetto: i commerciali riempiono il backlog con un sacco di lavoro che solo in seguito si rivela non redditizio o in perdita. Spesso dopo che il venditore ha preso la sua commissione e ha lasciato l'azienda.
In altri casi viene pregiudicata la soddisfazione dei clienti, con venditori senza scrupoli che cercano di riempire i clienti con tutto ciò che hanno, anche se non è assolutamente adatto a loro, com’è successo a molte reti di promotori finanziari.
Ma anche uscendo dall’ambito aziendale, gli incentivi sono sempre una cosa da considerare, perché guidano i comportamenti umani. E sono i comportamenti umani a determinare l’andamento delle cose: i giudici della Corte Suprema americana, ad esempio, sono nominati a vita. Significa che la loro carica può durare molto a lungo.
Clarence Thomas è stato nominato nel 1991 ed è ancora in carica oggi, Ruth Bader Ginsburg era in carica da 27 anni quando è morta nel 2020, Stephen Breyer era in carica da quasi 28 anni quando si è ritirato, e ce ne sono molti altri.
La Corte Suprema è sempre più coinvolta in questioni di forte impatto politico come i diritti degli omosessuali, l'aborto, la religione e le relazioni razziali. Poiché la politica statunitense è diventata più polarizzata, le questioni che vengono contestate e portate al giudizio della Corte sono sempre più numerose e divisive, quindi avere il controllo della Corte, politicamente, è diventato più importante.
E quindi, il potere presidenziale di assegnare dei mandati a vita rappresenta una forma di incentivo a scelte partigiane: non si sa quando si presenterà la prossima occasione e se il proprio partito sarà al potere in quel momento. L’incentivo diventa anche di nominare giudici giovani, con 20 o 30 anni di potenziale orizzonte di servizio, rafforzando il presidio per le proprie preferenze ideologiche per decenni.
Il giudice della Corte Suprema è un ruolo che richiede equilibrio, saggezza ed esperienza; idealmente si vorrebbe vedere assegnati al ruolo persone un po' più anziane, che attingono a tutta la loro esperienza di vita per prendere le decisioni migliori.
Ma quale politico nomina un sessantenne in questo ambiente, quando potrebbe scegliere di andare in pensione a 70 anni, appena 10 anni dopo, lasciando a quel punto uno spazio vacante agli avversari politici a al loro spettro ideologico.
Età e “purezza” ideologica sono diventati i criteri chiave, al posto di esperienza, moderazione, equilibrio e saggezza. Un chiaro effetto di incentivi distorti. Con un limite di mandato di 10 anni, per esempio, gli incentivi perversi potrebbero essere mitigati in qualche modo, e gli Stati Uniti potrebbero ritrovarsi con una Corte suprema di qualità superiore.
Sugli incentivi ci si spremono le meningi da secoli: all’inizio del Quattrocento, a Firenze, cercavano di capire quale fosse il modo migliore per costruire questa struttura gigantesca e pesante, finirono per assumere un ingegnere: Filippo Brunelleschi, che forzando un uovo sul tavolo, mostrò come intendeva ottenere l’equilibrio per la sua cupola. Ma prima del suo arrivo, l’idea era di riempire la cattedrale di terra e di costruirci intorno la cupola.
Ma a cupola completata chi avrebbe ripristinato la cattedrale? Il progetto prevedeva di spargere monete d'oro nel terreno all'interno della cattedrale per incentivare la gente a scavare una volta finito.
Di incentivi parla anche la legge di Goodhart
"Quando una misura diventa un obiettivo, cessa di essere una buona misura".
L’esempio più famoso è quello della fabbrica di chiodi sovietica. Lì, il numero di chiodi prodotti era considerato una buona misura della produttività. Quando ai dirigenti della fabbrica fu detto di produrre un numero maggiore di chiodi, essi reagirono producendo milioni di chiodi minuscoli e inutili. Allora i pianificatori statali sono passati al criterio del peso, e le fabbriche hanno iniziato a produrre chiodi giganti, pesanti e altrettanto inutili.
Gli inglesi offrivano ricompense per i cobra morti nell'India coloniale, il che portò a… far sviluppare una serie di allevamenti di serpenti, una delle attività più redditizie tra le colonie dell’Impero Britannico!
La produttività e l'importanza di un professore universitario sono spesso misurate in base al numero di citazioni delle sue ricerche da parte di altri studiosi. Così un informatico indiano, Sundarapandian Vaidyanathan, ha vinto nel 2018 un premio del governo indiano per essere tra i migliori ricercatori del Paese. Tuttavia, si è poi scoperto che il 94% delle citazioni del suo lavoro proveniva da lui stesso o da coautori.
Gli incentivi contano anche per le emissioni di carbonio: quelle prodotte dalle attività di un'azienda vengono solitamente misurate e rese note. Tuttavia, non appena diventa un obiettivo, un'azienda è incentivata a dismettere le parti più energivore della propria attività o a esternalizzarle ad altre parti della catena di fornitura.
Qualcosa di simile è accaduto su scala governativa: i Paesi europei sono stati incentivati a esternalizzare le emissioni in Paesi come il Qatar, il principale fornitore di gas naturale liquefatto, e la Cina, dove si è trasferita gran parte della nostra produzione pesante.
È davvero difficile costruire un sistema di incentivi che misuri ciò che si vuole effettivamente, e non un'approssimazione. I sovietici volevano avere clienti felici con un sacco di chiodi buoni e utili... ma senza un sistema capitalistico, non c'era modo di misurarlo e quindi dovevano usare un’ approssimazione, che per la legge di Goodhart si è ben presto rivelata inefficiente.
I buoni piani di incentivazione per gli amministratori delegati delle aziende sono spesso strutturati utilizzando più criteri invece di un unico standard, con un peso del 10% per un criterio, del 25% per un altro ecc. ecc. Ma bisogna fare attenzione a non creare troppa confusione, in modo che i dirigenti possano capire cosa devono fare.
Anche la tecnologia crea (e distrugge) incentivi: le vendite di unità di archiviazione a nastro, che erano all'avanguardia negli anni '50, sono tornate in crescita, in termini di gigabyte. Siamo a oltre +40% rispetto al 2020!
Motivo? E’ un sistema di archiviazione a prova di attacco informatico, perché i dati possono essere tenuti completamente offline, fuori sede e protetti dall'alterazione (ed è anche il metodo di archiviazione più economico, belin).
Nemmeno le ammissioni ad Harvard sono esenti da incentivi: ci sono persone ammesse grazie alle loro abilità sportive, per eredità (figli di ex studenti meritevoli), studenti le cui famiglie sono grandi donatori e figli del personale di facoltà.
Tutte queste categorie hanno avuto come incentivo un trattamento preferenziale, ma siamo arrivati al punto che il 43% degli ammessi a Harvard proviene oggi da uno di questi gruppi. Altro che meritocrazia accademica e mobilità sociale.
Gli incentivi possono anche mutare l’organizzazione dello sport: Novak Djokovic ha co-fondato un circuito maschile “alternativo” all’ATP per i tennisti professionisti, chiamato PTPA. Ora, dice, è pronto a negoziare con chiunque volesse farlo.
Ci sono evidenti analogie con quanto accaduto con il golf, dove i sauditi hanno finanziato un tour indipendente, attirato i giocatori più importanti e poi alla fine hanno concordato una fusione con il circuito originale. L'Arabia Saudita oggi è la principale potenza del golf maschile.
L'incentivo per l’Arabia Saudita è di diversificare dal petrolio ed esercitare un soft power nel mondo. Lo sport è un bersaglio facile per questi due obiettivi, così hanno preso di mira il golf, la Formula 1 e quest'anno anche il calcio. E Djokovic l’ha vista come opportunità, chissà, per tentare di impacchettare il tennis e venderlo ai sauditi.
Chiudiamo questa rassegna sul funzionamento degli incentivi con la campagna di Japan Air Lines: riduzione del bagaglio da stiva grazie al prestito di vestiti ai passeggeri?
Sì, la loro nuova iniziativa si chiama "Any Wear, Anywhere"
Si tratta di un sistema di noleggio di abiti in cui i passeggeri diretti in Giappone possono affittare vestiti per la durata del loro soggiorno, eliminando la necessità di portarsi una valigia.
È un incentivo interessante, anche se indossare i propri vestiti resta anch’esso un incentivo a considerare di portarsi la propria valigia. Gli azionisti di Samsonite possono stare tranquilli…