Xi Jinping va a trovare Putin a Mosca il giorno dopo che il Tribunale Internazionale ha inquisito il leader russo per crimini di guerra. Poi Ignacio Lula, fresco di rielezione, va a trovare Xi Jinping applaudendo alla sua idea di de-dollarizzare il mondo (“mi chiedo ogni notte perché le merci nel mondo debbano essere scambiate pagando in dollari”). Pochi giorni dopo il ministro degli Esteri russo Lavrov va a trovare Lula a Brasilia, e viene accolto con tutti gli onori.
Luciano Capone ci racconta su “il Foglio” che
Il Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea) ha pubblicato un report che, sostanzialmente, afferma che l’embargo occidentale al petrolio russo viene aggirato. L’Ue e il G7 hanno vietato l’import di greggio e prodotti petroliferi dalla Russia, ma per rimpiazzarli hanno aumentato le importazioni da altri paesi – come Cina, India, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Singapore – i principali importatori dalla Russia. Questi paesi vengono definiti una “lavanderia” che rivende il petrolio russo sotto forma di prodotti raffinati ai paesi che hanno sanzionato Mosca.
A stretto giro il Segretario del Tesoro USA, Janet Yellen, ci dice che la separazione dei rapporti economici tra Cina e USA sarebbe, per gli Stati Uniti, “un disastro” e di conseguenza, meno di 48 ore dopo, suggerisce che si trovi un “nuovo dialogo” perché le relazioni economiche non sono un gioco a somma zero e Xi Jinping “sarebbe saggio” a darle retta.
L’interdipendenza economica è stata a lungo considerata uno strumento di pace. Oggi stiamo sperimentando sempre più che l’interdipendenza economica diventa strumento di ricatto.
Una quota importante del mondo, non dimentichiamoci che l’Arabia Saudita ha accettato di vendere petrolio in yuan anziché in dollari e che la Russia chiede e ottiene di trattare diverse materie prime in rubli (in seguito alle sanzioni che congelano i suoi asset in valuta occidentale), sembra aderire al progetto russo-cinese di disgregazione dell’ordine mondiale. E’ un dato di fatto.
Sembra di veder lampeggiare un passaggio di “Memorie dal sottosuolo” di Dostoevskji (un romanzo fantastico, che vi consiglio), una sorta di promemoria sulla natura umana:
“L'uomo, sempre e ovunque, chiunque fosse, ha amato agire così come voleva, e non come gli ordinavano la ragione e il tornaconto; infatti si può volere anche contro il proprio tornaconto.”
L’Uomo non desidera necessariamente ciò che razionalmente è il suo meglio, alla faccia delle più accreditate teorie economiche. Questa è una possibile lettura.
Un’altra lettura, però, è che Dostoevskji non c’entri nulla e che la percezione dell’attuale ordine mondiale e dell’alternativa proposta da chi lo vuole demolire non è necessariamente univoca, e non coincide necessariamente con la nostra. La pax americana, che molti vedono come una riedizione della pax augustea, ad alcuni appare un modello vecchio, che reclama rinnovamento.
Dobbiamo rivedere la nostra strategia in Occidente: noi parliamo di ordine mondiale in pericolo, loro di mettere in discussione un impianto di regole che abbiamo deciso noi Occidentali. La nostra narrativa è che LORO vogliono subentrare nell'egemonia mondiale, la loro narrativa è che l'egemonia USA deve finire dando a ciascuno la propria fetta di potere: un appello a pensare meno al mondo e concentrarsi di più sui bisogni nazionali, rinnovando il mito del “Sacro Egoismo Nazionale” di cui parlava il Presidente del Consiglio italiano Antonio Salandra nel 1914, in cui anche diversi paesi europei sentono risuonare qualcosa (o pensate che le parole di Scholz o quelle di Macron siano dal sen fuggite?).
La proposta di un “sovranismo globale” può apparire risibile, a certi occhi, ma attraente ad altri. Anzi, abbiamo già ampiamente sperimentato quanto il fuoco del sovranismo possa spingere in alto le proprie fiamme.
Come cambiano le cose: nel 1848 i conservatori alimentavano i nazionalismi, e i rivoluzionari spingevano l'internazionalismo. Oggi i conservatori parlano di internazionalismo e i chi vuole cambiare il mondo alimenta “l’egoismo nazionale".
Il segretario di Stato USA Antony Blinken dice:
Dobbiamo difendere e riformare l'ordine internazionale basato sulle regole, il sistema di leggi, accordi, principi e istituzioni che il mondo si è riunito per costruire dopo due guerre mondiali per gestire le relazioni tra gli Stati, prevenire i conflitti e sostenere i diritti di tutti i popoli. I suoi documenti fondanti includono la Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che sanciscono concetti come l'autodeterminazione, la sovranità, la risoluzione pacifica delle controversie. Non si tratta di costruzioni occidentali. Sono il riflesso delle aspirazioni condivise dal mondo.
I leader occidentali, insomma, credono di difendere l'ordine e che il mondo si stia polarizzando tra democrazie vincolate alle regole e autocrazie prepotenti.
Ma l'idea che i governi occidentali, e in particolare gli USA, stiano preservando l'ordine basato sulle regole non è così convincente, per molti è semplice ipocrisia. La narrazione secondo cui il mondo è diviso tra democrazie e autocrazie, e che coloro che si trovano nel mezzo dovrebbero scegliere da che parte stare è rifiutata dalla maggior parte dei Paesi, che semmai con questa narrazione si sentono spinti verso una maggiore frammentazione e multipolarità.
Mentre gli Stati Uniti scommettono su un mondo polarizzato, la Cina sta dicendo “non siete stufi di essere vassalli del potere USA? Lavoriamo insieme ad un mondo più frammentato.”
Paesi come l'India, la Turchia, il Sudafrica e il Brasile si considerano potenze sovrane con il diritto di costruire le proprie relazioni, non come Stati satellite costretti a posizionarsi per compiacere altre potenze.
Ma cos’è un ordine basato sulle regole?
Potremmo riassumerlo in principi, regole, contratti e istituzioni multilaterali che forniscono una governance che non è semplicemente dettata da chi è più potente. Il “problema” è che tutto ha una sfumatura di democrazia liberale occidentale per il corretto funzionamento di queste istituzioni fondamentali: sono gli attori democratici che si sono posti in una posizione organizzativa come custodi di un sistema grazie al quale siamo andati oltre i conflitti delle epoche precedenti.
Questo apre il fianco a chi sostiene, come Putin, che queste regole non siano internazionali nello spirito, ma semmai ideate dall’Occidente per essere internazionali solo nella loro applicazione.
E’ senz’altro vero che esistono gerarchie tra gli Stati, ma è altrettanto vero che di queste gerarchie beneficiano Cina e Russia, che hanno diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza ONU quanto le altre potenze nucleari vincitrici della Seconda Guerra Mondiale.
Proporre l’abbandono del modello corrente mira -secondo me- palesemente a ricreare le condizioni perché si torni a quando il più forte detta le condizioni sul più debole nei rapporti bilaterali. E’ una forma di Divide et Impera, non è una proposta di un “Nuovo Ordine”, ma semmai di un Disordine Globale che sarà utile a chi dal caos pensa di poter trarre beneficio competitivo.
Eppure l’adesione all’idea cinese e russa pare ampio: forse al Brasile fa gola l’idea di poter diventare il paese egemone in Sudamerica.
Forse a diversi paesi africani fa troppo comodo accedere ai finanziamenti cinesi, più generosi di istituzioni come World Bank e FMI, anche se significa aderire ad un’area di influenza. Il passato coloniale non aiuta a rendere più difficile questa scelta.
Forse a Iran e Arabia Saudita piace l’idea di assecondare il loro principale cliente (la Cina) e il loro principale partner di cartello per le forniture mondiali di petrolio (la Russia), considerando che gli USA hanno raggiunto l’indipendenza energetica e vanno verso la transizione non sono nemmeno in prospettiva troppo interessanti per loro.
E l’India? Stretta tra le sue schermaglie (con Cina e Pakistan), le sue forniture militari sono cruciali, ed il fornitore militare dell’India è la Russia. Cambiare fornitore è complesso, richiede molto tempo: c’è da gestire la manutenzione della dotazione corrente, i ricambi, e poi la formazione del personale militare. Pertanto meglio abbozzare e non irritare la Russia.
Una fetta importante, largamente maggioritaria, della popolazione mondiale è coinvolta in questo progetto di regicidio, dove il re è il dollaro ed il suo ruolo di moneta di riferimento, la forza dell’oro sui mercati sembra confermarlo.
Il ruolo di moneta di riserva mondiale dà agli USA un “esorbitante privilegio” usando le parole di Valéry Giscard d'Estaing. La proposta cinese e russa non è di sostituirlo con lo Yuan o il Rublo, che non hanno le caratteristiche per poter svolgere quel ruolo. La loro proposta è di buttare giù il dollaro dal trono e forse anche buttar giù il trono stesso. Per poi approfittare di un nuovo-vecchio mondo in cui vige un “ognuno per sé” nel quale si troverebbero in posizione di forza verso la maggior parte delle controparti.
Non è uno scenario auspicabile, un sistema di riferimento è stato pensato perché rende più economici per tutti gli imprescindibili scambi commerciali internazionali e demolirlo non va nella direzione di un mondo che evolve, ma che regredisce.
L’esito di tutta questa enorme faccenda (che tocca geopolitica, inflazione, mercati, valute…) potrebbe essere una revisione, non per forza una demolizione. Perché questo sistema rende più economiche le transazioni commerciali, ok, ma lo fa in particolare per gli Stati Uniti, e questo sembra non stare più bene a una fetta del mondo che per far sentire la propria voce sembra pronta a dar ragione a Dostoevskji.
“Non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti.” (Charles Darwin)
Hic manebimus optime