La settimana dell'Alieno #98
Rassegna delle notizie economico-finanziarie del 2-6 giugno 2025
Trump-Musk, volano stracci
Il comandante in capo ed il suo finanziatore si stanno rendendo protagonisti di uno scontro di ego.
Mentre Trump spinge per l’approvazione del “Big, Beautiful Bill”, Musk ne denuncia gli effetti pericolosi per i conti pubblici.
Un "abominio" che distrugge il bilancio, portando il debito USA a quasi 40mila miliardi$
I membri del partito che contavano sulle benedizioni di entrambi gli uomini non sanno che pesci pigliare.
Giovedì tutto è peggiorato. È scoppiata una guerra di tweet tra il Presidente e Musk. I due si sono scambiati insulti su una serie di argomenti: la legislazione in sospeso, il motivo per cui Musk ha lasciato la Casa Bianca e il fatto che Trump debba ai contributi di Musk il fatto di essere lì.
Le cose sono rapidamente degenerate: Trump ha immediatamente minacciatoidi metere fine ai contratti pubblici di forniture a favore delle aziende di Musk e Musk ha minacciato di mettere in ginocchio uno strumento chiave del programma spaziale statunitense, cosa che aprirebbe a rischi geopolitici nuovi.
L'amministratore delegato di Tesla ha persino proposto un impeachment per Trump, annunciando di avere le prove del suo coinvolgimento nello scandalo di abusi di minorenni legato a Epstein.
"Che ingratitudine, senza di me, Trump avrebbe perso le elezioni, i democratici controllerebbero la Camera e i repubblicani sarebbero 51-49 al Senato".
Sarebbe interessante sapere perché ha sostenuto l'elezione di quello che lui sapeva essere un criminale.
Mentre il partito Democratico ancora latita nell'offrire agli elettori contenuti e candidati, l'uomo più ricco del mondo ha già alluso al fatto che i Repubblicani dovranno scegliere tra lui e Trump.
Le elezioni di midterm del prossimo anno potrebbero essere diverse dal solito, ma molte cose possono ancora cambiare: Bannon propone di sequestrare le aziende di Musk ed espellerlo dal paese come immigrato irregolare, mentre Musk invita Trump a farsi da parte e lasciare la presidenza al suo vice JD Vance.
BCE verso la fine di un ciclo
La Banca Centrale Europea ha tagliato ieri i tassi di interesse di un quarto di punto. Il costo del denaro è ora sceso al 2%, ovvero la metà del tasso di un anno fa. Dallo scorso giugno la BCE ha abbassato i tassi otto volte e il presidente Christine Lagarde ha dichiarato che la banca centrale è prossima alla conclusione del suo ciclo di tagli dei tassi.
Questo ha sorpreso i mercati. Gli operatori stimavano altri due tagli quest'anno. Ora ne prevedono solo uno.
La Lagarde ha anche risposto alle indiscrezioni sulla sua intenzione di terminare il suo mandato di presidente. Ha indossato una collana che recita “IN CARICA" e ha respinto le voci della scorsa settimana secondo cui vorrebbe lasciare la BCE per il World Economic Forum.
Paralisi nei deal aziendali
Cercando di creare le condizioni per dei deal tra i paesi, i dazi stanno frenando la ripresa dei deal tra imprese private: le operazioni di M&A (fusioni e acquisizioni). Il valore delle operazioni di acquisto di aziende segnerà -16% dal primo al secondo trimestre di quest'anno (stima Bain & Co.)
Le società di private equity speravano in un anno importante per le operazioni, dopo che l'aumento dei tassi di interesse aveva tenuto in stallo per un paio d'anni molte operazioni. Trump, con le sue promesse di deregolamentazione favorevoli alle imprese, avrebbe dovuto cambiare le cose. Invece, tutta l'incertezza dovuta ai dazi ha messo sabbia negli ingranaggi.
Nonostante le promesse di ritorsioni da parte dell'Europa, martedì Donald Trump ha formalmente aumentato i dazi sull'acciaio e sull'alluminio dal 25% al 50%. La mossa del presidente aumenta le tensioni commerciali in vista dei negoziati per i cosiddetti dazi “reciproci” prima della scadenza del 9 luglio.
Sebbene tali dazi siano stati giudicati illegali dai tribunali statunitensi, la Casa Bianca è ricorsa in appello e rimangono in vigore mentre il contenzioso procede (verosimilmente fino alla Corte Suprema). Le imposte sull'acciaio, comunque, non sono interessate dalle sentenze.
Questa ennesima mossa della Casa Bianca potrebbe alla fine seguire uno schema che sta diventando abituale: Trump lancia minacce esagerate e per un certo periodo le mette anche in atto, per poi fare marcia indietro. Sui mercati questo fenomeno viene definito “Trump Always Chickens Out” (Trump si tira sempre indietro), o TACO, e alcuni trader hanno guadagnato bene anticipando i puntuali ripensamenti del Presidente USA.
Il problema, però, è che la strategia di Trump sta causando un malessere globale: i dati mostrano sempre più chiaramente che il suo gioco al massacro spinge l'economia mondiale verso il rallentamento, con gli Stati Uniti tra i paesi più colpiti dal rischio recessione.
L'OCSE ha ridotto le sue previsioni sulla crescita globale per la seconda volta quest'anno (ora siamo a 2,9%, dal 3,3% del 2024), citando l'impatto della caotica offensiva sui dazi: la combinazione di barriere commerciali e incertezza sta minando la fiducia e frenando gli investimenti. Ha anche avvertito che il protezionismo sta aumentando le pressioni inflazionistiche.
Questa newsletter ha due edizioni settimanali (ogni venerdì la Settimana dell’Alieno, scritta da
Andrea, e ogni lunedì quella sulla puntata del podcast
Economia per Tutti, scritta da
Giulio.
Andrea
Talvolta ad “scappa” una terza edizione sporadica, di approfondimenti specifici. Puoi trovare l’
archivio integrale delle newsletter precedenti qui.
USA - Cina, prove di disgelo
Trump e Xi hanno finalmente avuto una telefonata per discutere di dazi, e delle tensioni commerciali tra i due Paesi. Il mese scorso, a Ginevra, Scott Bessent, segretario al Tesoro, aveva abbozzato un accordo di massima per ridurre le tariffe, dopo che si erano impennate in aprile, per portarle a un livello più accettabile, il che ha aiutato i mercati.
Ma le schermaglie sono continuate, con reciproche accuse di mancato rispetto per l'attuazione dell'accordo.
Nella telefonata Trump e Xi hanno concordato che i colloqui economici ad alto livello continueranno. Una squadra formata da Scott Bessent, Segretario al Tesoro, Howard Lutnick, Segretario al Commercio e Jamieson Greer, USTR, terrà una sorta di ciclo formale di colloqui con le controparti cinesi.
La conversazione ai massimi livelli dunque può proseguire, cosa che fa ben sperare per le relazioni commerciali tra i Paesi, ma non garantisce necessariamente un esito positivo.
La scorsa settimana, l'amministrazione Trump ha dichiarato che la Cina stava bloccando le esportazioni di minerali di terre rare. Un vero e proprio momento critico da quando le due parti hanno abbassato i dazi reciproci in aprile.
Dopo la telefonata, il Presidente Trump ha pubblicato sui social network in cui ha detto, in sostanza, “abbiamo risolto i nostri problemi sulle terre rare”. Ma non ha offerto alcun dettaglio su cosa questo significhi esattamente nella pratica.
Gli Stati Uniti hanno davvero bisogno di queste terre rare per produrre tutti i tipi di prodotti avanzati che vengono utilizzati in tutta l'economia americana, vedremo presto se le esportazioni dalla cina di questi materiali riprenderanno.
Alcune cose, invece, non sono state discusse. Una di queste è la guerra in Ucraina, dove la Cina fornisce un certo sostegno ai russi. Così come non è discusso il tema del nucleare per l'Iran, di cui la è alleata.
Anche in questo caso, insomma, le tensioni geopolitiche più ampie e le grandi questioni strategiche vanno su un piano separato rispetto alle faccende commerciali.
Per Trump i rivali commerciali sono interlocutori degni, se si parla di geopolitica. Sia Trump che Xi hanno una immagine di uomo forte, e questa è la relazione economica bilaterale più importante al mondo: la posta in gioco è davvero molto alta.
Lo si è visto dalla reazione dei mercati finanziari quando in aprile le cose hanno subito una sorta di spirale negativa a causa dei dazi "reciproci", che alla fine il governo statunitense ha dichiarato essere insostenibili dal punto di vista economico.
Un deterioramento delle relazioni tra Pechino e Washington non conviene a nessuna delle due parti. Ma ancora una volta, questa potrebbe essere solo una tregua temporanea e ci sono ancora alcune divisioni e questioni molto serie tra i due Paesi e i due Presidenti. Resta quindi da vedere come evolverà la situazione.
Farenheit 899
A Farenheit 451 brucia la carta (da qui il titolo del celebre romanzo di Ray Bradbury), ma a 899, per gli investitori stranieri, inizia a scottare anche la legge di bilancio approvata (finora solo dalla Camera) negli Stati Uniti.
Il "big beautiful bill", nella sezione 899, consentirebbe infatti agli Stati Uniti di imporre tasse aggiuntive alle società e agli investitori dei Paesi che ritengono abbiano politiche fiscali punitive: è sufficiente definire ingiusta la politica fiscale di un paese per tassare qualsiasi investimento di quel paese negli Stati Uniti, sia che si tratti di una società con sede in America, sia che si tratti di fondi pensione investiti nei mercati statunitensi, o di investitori privati in titoli. La questione è piuttosto ampia.
I Paesi considerati oggi “ingiusti” sono l'Unione Europea, il Regno Unito, il Canada e l'Australia. Tutti i paesi che tassano le aziende americane all’estero secondo i principi del Secondo Pilastro dell'OCSE vengono considerati ingiusto, così come coloro che applicano l'imposta sui servizi digitali (DST).
Viene da chiedersi, vista la quantità crescente di emissioni di debito pubblico americano: ma non sarebbe semmai il caso di incentivare la sottoscrizione dei Treasuries?
In realtà non è ben chiaro se partecipazioni al debito pubblico statunitense verranno tassate o meno, un cambiamento in questo senso segnerebbe una svolta epocale nella politica degli Stati Uniti. Diciamo che ad oggi, pur non essendo sicuri che i Treasury verrebbero esentati, gli investitori stranieri danno per scontato che lo sarebbero.
Di certo la fiducia degli investitori nel debito statunitense, dopo che è già stata scossa da tutto il caos dei dazi, non avrebbe certo bisogno di questi ulteriori grattacapi. E anche se i Treasury non vengono tassati direttamente, questo potrebbe raffreddare ulteriormente la domanda di asset americani in generale.
Nello schema di minacce annunciate e poi ritrattate la sezione 899 potrebbe sembrare utile a creare spazio di negoziazione con i governi stranieri, con una minaccia credibile che va verso la riconciliazione del bilancio USA creando nuove entrate.
Oppure, più semplicemente, la Sezione 899 è una forma di ritorsione contro proposte, in particolare in Europa, che imporrebbero un maggiore onere fiscale alle aziende tecnologiche e farmaceutiche americane, che fanno arbitraggio regolatorio e fiscale portando la sede in luoghi diversi da dove effettuano il business.
Il problema della Sezione 899, l'ansia del mercato, è costituito dal suo potenziale utilizzo per imporre un soft default da parte degli Stati Uniti e sostanzialmente ripudiare il debito pubblico in termini reali: anche dopo la seconda guerra mondiale gli Stati Uniti avevano un debito pubblico molto elevato, che hanno risolto principalmente attraverso l'inflazione tramite una banca centrale politicizzata. E oggi Trump fa periodicamente pressione sulla Fed per allentare la politica monetaria nonostante i rischi di inflazione.
Il dubbio, insomma è se esista la capacità e la volontà a lungo termine del governo federale americano di ripagare i suoi ingenti debiti in valore reale. In fondo, si tratta di un elemento ormai classico dei problemi che stiamo affrontando quest’anno sui mercati: dobbiamo convivere con rischi elevati e non lineari per l'economia che potrebbero innescarsi in modo inaspettato da catalizzatori che, normalmente, non avrebbero alcun impatto sul mercato.
La Sezione 899 è uno dei numerosi fattori catalizzatori negli Stati Uniti che stanno aumentando l'incertezza e la preoccupazione riguardo alle politiche economiche: le aspettative di inflazione USA a lungo termine si stanno disancorando, le preoccupazioni sulla credibilità fiscale stanno aumentando, il risultato è che gli investitori globali riducono progressivamente la loro sovraesposizione agli asset statunitensi non coperti, e si allargano le falangi dei ribassisti sul dollaro americano.
L'esposizione in dollari era già un tema dibattuto prima del Liberation Day, i dati più recenti sulla bilancia dei pagamenti mostrano una vendita netta di azioni estere da parte dell'eurozona per un valore di 40 miliardi$ nel 2025.
Vado al massimo
Lo scorso fine settimana, per la prima volta in assoluto, il Messico ha votato per eleggere i giudici. Si tratta dell’effetto di una riforma introdotta l’anno scorso. A questo primo giro sono stati eletti la metà dei 900 giudici federali, mentre 19 dei 32 Stati hanno deciso di tenere le proprie elezioni per i giudici statali. Solo i candidati del partito di governo siederanno tra i banchi della Corte Suprema.
Gli investitori sono spaventati e alcuni esperti di diritto sono preoccupati. Sono pochissimi i Paesi che eleggono direttamente i propri giudici. Il precedente presidente, Obrador, ha ideato la riforma per ridurre la corruzione nel sistema giudiziario e di renderlo più responsabile nei confronti dei cittadini, mentre il suo successore, la presidente Claudia Sheinbaum, è stata incaricata di attuarla.
Molti concordano sul fatto che il sistema giudiziario messicano presenta molti problemi, anche i più critici nei confronti di questa riforma confermano che una riforma era necessaria; ma non questa, che rischia di peggiorare i problemi piuttosto che migliorarli.
Innanzitutto, nel periodo di transizione in cui i nuovi giudici dovranno insediarsi e imparare a fare il loro lavoro, ci saranno più decisioni arbitrarie e potenzialmente più corruzione. Inoltre molti vedono questa iniziativa come una vendetta politica: il potere giudiziario si è scontrato più volte con López Obrador. Si tratterebbe quindi di un tentativo di portare il sistema giudiziario sotto l’influenza del partito al potere.
Quando Sheinbaum, dopo la sua elezione nel 2024, ha chiarito che questa riforma sarebbe stata attuata, il peso si è indebolito in modo significativo e la Coparmex, la Confindustria messicana, ha dichiarato che le aziende straniere stanno già cercando di evitare il più possibile il sistema legale messicano, perché stanno già perdendo fiducia in esso: diventerà molto difficile o impossibile vincere qualsiasi tipo di causa contro il governo, sia essa di natura fiscale o relativa alla concorrenza.
Esito elettorale in Polonia
I risultati delle elezioni polacche metteno a dura prova l'agenda del Primo Ministro Donald Tusk. Il neoeletto presidente del Paese, Karol Nawrocki, avrà potere di veto sul programma di riforme pro-UE di Tusk, per cui sarà difficile approvare una legislazione sostanziale.
Nawrocki è uno storico con zero esperienza politica e rappresenta il partito nazionalista Diritto e Giustizia (PiS). Mentre Tusk, che in passato ha ricoperto la carica di presidente del Consiglio europeo, è nettamente schierato con l'UE.
La Polonia è la sesta economia dell'UE e Tusk voleva riportarla verso Bruxelles. Ora, con la vittoria di Nawrocki, il suo governo è indebolito, Tusk ha già dichiarato di dover chiedere un voto di fiducia al Parlamento, che apre alla possibilità di elezioni anticipate.
L’esito politico ha rilevanza pratica, ma se invece che 51-49 fosse finita 49-51 la sostanza, dal punto di vista sociale, sarebbe analoga: circa metà dell'elettorato sceglie il populista di destra. Un sondaggio effettuato il giorno delle elezioni ha mostrato che più alto era il livello di istruzione degli elettori o più grande la loro città di residenza, più forte era il sostegno al candidato democratico-liberale, e viceversa con il diminuire dei livelli di istruzione e di urbanizzazione.
In Occidente le periferie e la provincia, bloccate nella stagnazione secolare di cui parlava Larry Summers già anni fa, preferiscono chi promette di “vederle” piuttosto che i progetti concreti e le riforme, da cui hanno imparato a diffidare. Sovranità è diventata una parola magica, mentre “Bruxelles” significa “ipocrisia”: parlano di unità, ma poi (citando Dostoevskji) “io sono solo, loro sono tutti”.
Le regioni più svantaggiate scelgono il candidato anti-establishment. Anche se l'integrazione nell'UE è stata positiva per tutta la Polonia, chi viene colpito dalla crescente disuguaglianza regionale vive il miglioramento delle condizioni dei grandi centri urbani con rancore.
In una società polarizzata, che percepisce le disuguaglianze in maniera distorta, il candidato più anti-establishment diventa il più desiderabile, mostrare quanto sia inadeguato o un pericolo per la democrazia non convince gli elettori ad abbandonarlo, anzi...
L’esito elettorale in Polonia e gli sviluppi che verranno riguardano tutti i cittadini della UE, riprendendo un pezzo dell'economista
: il movimento MAGA non nasconde, ma anzi sbandiera, di avere una strategia globale per aiutare tutti i movimenti alleati a conquistare il potere:Pagare pagode
Il mercato immobiliare cinese continua a soffrire. I dati di vendita in aprile sono ancora deboli (prezzi delle nuove case -4% ed era -4,5% anche nel mese precedente), e evidenziano quanto sia fragile la ripresa economica del Paese.
Oltre ai prezzi, scendono anche i volumi degli investimenti immobiliari: -10% nel corso dell'anno. Il principale motore di crescita per l'economia cinese è quindi ancora ingolfato.
Il grande problema rimane la fiducia che i costruttori - molti dei quali hanno fatto default sui loro debiti nel 2021 e 2022 - portino a termine i cantieri e consegnino le case. La mancanza di fiducia nel mercato immobiliare si è ripercossa in modo significativo sulla propensione ai consumi in Cina, in contrasto con l'enorme ottimismo nel periodo pre-pandemia. Si tratta di un cambiamento molto significativo.
Dopo le insolvenze nel 2021 e 2022 il governo cinese, contrariamente a quanto molti si aspettavano, non ha effettuato alcun salvataggio, ha preferito tagliare i tassi ipotecari e dare sostegno alle maggiori banche statali, con agevolazioni di credito per sostenere gli sviluppatori immobiliari: hanno insomma favorito l’effetto leva, mentre la mancanza di fiducia dei consumatori ha generato un eccesso di offerta di alloggi.
Così Pechino ha presentato una politica che prevedeva la conversione degli alloggi in “alloggi sociali”, incoraggiando il completamento degli alloggi incompiuti. Per quanto riguarda l'economia in generale, Pechino ha cercato di spostare l'attenzione sullo sviluppo del settore industriale, sempre più competitivo a livello internazionale.
Con il settore immobiliare in difficoltà, Pechino ha puntato forte sulle esportazioni, come motore di crescita per la Cina. Quindi questa guerra commerciale è destinata a colpire la Cina dove fa male, e ovviamente ha aggravato il clima di sfiducia.
Apple e AI
Apple sta pianificando il lancio di servizi di intelligenza artificiale in Cina con l'aiuto di Alibaba, ma un'autorità di regolamentazione di Pechino si è messa di traverso.
Il prodotto di intelligenza artificiale di Apple si chiama Apple Intelligence. In Cina sarebbe supportato dagli ultimi modelli di Alibaba che avrebbe dovuto contribuire a spianare politicamente la strada verso il mercato cinese.
Ma Apple sta incontrando difficoltà a far passare l'Apple Intelligence dalla Cyberspace Administration of China, uno degli effetti della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina.
I dazi di Trump hanno preso a martellate queste relazioni. E Apple, in particolare, si trova nel mirino. Anzi, Trump minaccia il gigante tecnologico di imporre tariffe del 25% sui suoi dispositivi se l'azienda non trasferisce la produzione al di fuori della Cina.
Il prezzo delle azioni Apple è sceso di oltre il 18% quest'anno.
Bulgaria nell’€
La Bulgaria entrerà nell'Eurozona a partire dal 1° gennaio 2026. La Commissione europea ha dato il via libera e la Bulgaria è ora il 21° membro della moneta unica.
Tutti i Paesi dell'UE, ad eccezione della Danimarca, hanno l'obbligo di aderire all'euro, che comporta stabilità dei prezzi per i cittadini e, di conseguenza, un aumento del potere d'acquisto nel tempo. Si tratta di un percorso naturale per la maggior parte dei membri dell'UE che non fanno ancora parte dell'area dell'euro, e la Bulgaria era molto interessata a entrare nell’€, avrebbe dovuto aderire già l'anno scorso, ma non ha soddisfatto i criteri di inflazione a causa dell’ondata di inflazione che stava colpendo tutto il mondo.
Tutti i Paesi dell'UE, infatti, devono soddisfare una serie di criteri per poter entrare nell’€, tra cui la stabilità dei prezzi, la stabilità macroeconomica, la stabilità dei tassi di interesse e anche la loro banca centrale deve essere indipendente. La Croazia è entrata nell’€ nel 2023 e altri due, la Svezia e la Repubblica Ceca, sono in arrivo.
In Bulgaria ci sono state diverse proteste. A febbraio hanno persino incendiato gli edifici della Commissione Europea a Sofia. E, più di recente, si è svolta una manifestazione da diverse migliaia di persone contro l'adesione alla moneta unica, guidata per lo più da forze populiste filo-russe e di estrema destra.
Questo però non ha scoraggiato il governo. C'è un crescente interesse per l'Eurozona e per il ruolo dell'euro a livello internazionale. Anche se la Bulgaria è una delle economie più piccole dell'UE, la sua adesione all’€ rappresenta un dato positivo e una conferma per l'area dell'euro nel suo complesso.
Wells Fargo esce dalla stalla
La Federal Reserve aveva imposto a Wells Fargo un tetto massimo di 2 miliardi$ di attivi, nell'ambito di una serie più ampia di restrizioni imposte alla banca nel 2017 a causa dello scandalo dei conti falsi, che prevedeva la creazione di conti per i clienti a loro insaputa. Questo ha portato Wells Fargo a rimanere indietro rispetto alle altre grandi banche degli Stati Uniti.
Ora la Federal Reserve ha finalmente rimosso il tetto, Wells Fargo ha soddisfatto tutte le condizioni richieste dall'azione esecutiva. La banca non ha detto cosa intende fare con questa capacità aggiuntiva, ma gli analisti si aspettano che, in primo luogo, espanda il credito. La banca è più che altro una banca tradizionale di depositi e impieghi, non ha le attività di investment banking e di trading. L'altra cosa che potrebbe fare è qualche acquisizione.
Fannie Mae e Freddie Mac
Fannie Mae e Freddie Mac sono ingranaggi fondamentali del mercato immobiliare USA e si occupano essenzialmente dell'acquisto e del riconfezionamento di mutui o prestiti per la casa.
Create dal governo degli Stati Uniti e poi privatizzate, sono entrambe fallite quando è scoppiata la Grande Crisi Finanziaria nel 2008. Così sono state messe sotto tutela e controllate dal governo statunitense. Ora l’amministrazione americana vorrebbe nuovamente privatizzarle; il problema è che prima del 2008 c'era questa sorta di “garanzia implicita” per cui gli investitori pensavano che il governo sarebbe intervenuto in caso di fallimento o di problemi (che è esattamente quello che è successo nel 2008). Ora Trump, in spasmodica ricerca di forme di monetizzazione per aggiustare un bilancio pubblico sempre più inquietante, insiste sul fatto che avrebbero ancora le “garanzie implicite” del governo, ma non concede molti dettagli su come sarà strutturata.
Oggi, il mercato immobiliare è molto stabile e non c'è solo una garanzia “implicita” da parte del governo per Fannie Mae e Freddie Mac, ma ce n'è una esplicita perché sono agenzie di proprietà pubblica. Con una loro quotazione non ben definita i tassi ipotecari potrebbero subire un'impennata.
Non solo whisky, in Scozia
NatWest, precedentemente nota come Royal Bank of Scotland, fu salvata dal governo britannico con una iniezione di 45 miliardi di sterline di denaro pubblico nel 2008. Insieme alle menzionate Fannie Mae e Freddie Mac, rappresenta uno degli ultimi scampoli della Grande Crisi.
RBS era la più grande banca al mondo per patrimonio. Aveva un bilancio più grande dell'economia del Regno Unito all'epoca. Quando la banca fu colpita dalla crisi di liquidità, il governo ha ritenuto di non avere altra scelta se non quella di intervenire per salvare l'economia dal collasso.
17 anni dopo il governo ha restituito RBS al mercato. La cessione graduale è iniziata nel 2015, il processo di uscita è stato lento, e alla fine i contribuenti hanno comunque subito una perdita: lo Stato non ha mai recuperato quanto investito per salvare l'economia di allora. Ma la controprova di cosa sarebbe successo lasciandola fallire, è probabile che sia meglio non averla.
Ora come pensa NatWest di affrontare il suo ritorno tra i “normali”? Il management dispone di un capitale, stanno valutando acquisizioni e hanno già fatto un'offerta per le attività di Santander nel Regno Unito.
Un buon weekend con la playlist dedicata alla mostra fotografica di Saul Leiter (le cui foto agghindano questa edizione della newsletter) che ho visitato nello scorso fine settimana.
La mostra è a Monza, in Villa Reale, fino al 27 luglio.
Fotografia pedagogica dello scenario americano e ripercussioni internazionali. Grazie