La settimana dell'Alieno #24
Rassegna delle notizie economico-finanziarie del 13-17 novembre 2023
La lunga storia di incontri diplomatici internazionali aggiunge un tassello: Xi Jinping ha incontrato Joe Biden, nel suo primo viaggio negli Stati Uniti dopo sei anni, per ripristinare un dialogo più “normale”.
Nel 1076 l`imperatore Enrico IV depone papa Gregorio VII dell’autorità pontificia. Il papa lo scomunica e libera i sudditi dal giuramento di fedeltà al sovrano, che a quel punto teme di perdere consensi tra i nobili e, per ottenere il perdono del successore di Pietro, compie un lungo viaggio fino a Canossa per incontrarlo. Enrico IV si cospargerà il capo di cenere e attenderà il perdono per tre giorni e tre gelide notti, vestito solo di un saio, dopodiché Gregorio VII lo libera dalla scomunica.
La storia tende a fare eco, si dice. Dopo aver suonato la fanfara dei BRICS e il desiderio di deporre l’egemonia USA, Xi Jinping ha decisamente abbozzato davanti a Biden: hanno discusso di AI, Taiwan, dei blocchi USA all’export e dei conflitti in Ucraina e Israele. Gli Stati Uniti volevano riprendere le comunicazioni militari, come deterrente a scontri sul Pacifico, e uno sforzo cinese per reprimere le reti di produzione e distribuzione del fentanyl, la droga responsabile di oltre l’80% delle morti per overdose in USA.
Biden ha ottenuto quello che voleva: ci sarà interscambio di comunicazione militare (e dunque reciproca sorveglianza, che implica deterrenza) e Pechino si impegna contro la droga. Viceversa al “dittatore” (sic, emblematicamente ribadito da Biden) cinese non viene concesso praticamente nulla sul lato export: l'economia cinese è in difficoltà, e Biden si è detto disponibile ad aiutare Pechino, ma a patto che la crescita cinese non vada a scapito della proprietà intellettuale statunitense.
Xi ha perfino concordato di aumentare “in modo significativo” i voli tra Cina e Stati Uniti per ampliare gli scambi in settori come quelli dell’istruzione, del business e della cultura. Mica male per uno che ha firmato il crackdown delle attività di tutoring & education non più di 18 mesi fa.
Secondo la banca centrale cinese, le partecipazioni estere in titoli azionari e di debito sono diminuite di circa 188 miliardi $, pari al 17% dai massimi. Il ritorno al dialogo aiuta Xi, che a giudicare dalla frequenza di purghe di ministri ha qualche problema di correnti ostili nel partito, a segnalare in patria che la fase di iniziative che danneggiano le imprese cinesi sta finendo, restituendo fiducia a consumatori e investitori.
Micro e Macro
I mercati finanziari sono giunti ad un livello di correlazione molto alto, Significa che la valorizzazione dei mercati azionari dipende tantissimo dal livello di tassi e rendimenti, ovvero che paradossalmente le brutte notizie macro (che aumentano le probabilità di tagli dei tassi) sono il principale motivo a sostegno dei mercati azionari:
Lo scenario migliore, per gli investitori, diventa dunque quello di un peggioramento “macro” insieme a un miglioramento “micro”, cioè dei bilanci delle società quotate. Cosa che in effetti sta avvenendo, la reporting season è andata complessivamente bene: gli utili hanno battuto le aspettative del 5,7%, nel periodo pre-Covid, la media di risultati superava le aspettative del 3,7%. Quello appena trascorso è stato il migliore degli ultimi sette trimestri, dal punto di vista dei risultati aziendali:
Il non-sorpasso
Da quando Xi Jinping è presidente della Cina (2013) l’ascesa economica cinese, che prima sembrava inesorabile, appare in stallo. Negli ultimi tre anni il PIL cinese è sceso dal 75% al 64% di quello statunitense. La prospettiva di un sorpasso, più volte ventilata, non sembra più così inesorabile. Anzi, Pechino non sembra proprio più in grado di arrivare a rivendicare in modo credibile il primato economico globale:
In effetti è lo stesso Xi Jinping ad averlo ammesso al meeting con Biden in questi giorni: “la Cina non progetta di superare o soppiantare gli USA”.
I problemi strutturali di lunga data della Cina sono venuti a galla, dal crollo del settore immobiliare, che ha guidato un terzo della crescita, alla mancata crescita della popolazione e della fertilità, che hanno subito una drastica decelerazione negli ultimi 5 anni.
Il giro di vite di Xi sul settore privato (in particolare su educazione, tecnologia, mercato immobiliare e sanitario) frenerà l'innovazione e la produttività, mentre le tensioni con l'Occidente minacciano di interrompere i flussi di scambio di conoscenza e stanno già frenando sensibilmente gli investimenti esteri.
La Cina rimarrà comunque una minaccia formidabile, anche con la pessima gestione economica di Xi Jinping, grazie ai vantaggi competitivi di cui gode con il suo enorme settore manifatturiero, su cui Pechino sta puntando anche considerando la capacità manifatturiera come potenziale militare.
Ma l’economia cinese è già oggi molto sbilanciata: rappresenta il 18% del PIL mondiale, ma solo il 13% dei consumi globali e un 32% degli investimenti globali. Se la Cina dovesse crescere in media del 4-5% all'anno per il prossimo decennio, come nei programmi del Partito, il resto del mondo dovrebbe ridurre la quota di investimenti del proprio PIL per espandere i consumi ed accogliere i prodotti cinesi.
Dato che gli Stati Uniti, l'India, l'Unione Europea e molte altre grandi economie hanno espresso esplicitamente l'intenzione contraria: espandere il ruolo degli investimenti nelle proprie economie, e dato che assistiamo a un crescente distanziamento geopolitico, è poco probabile che Pechino possa evitare di ristrutturare la propria economia.
L’economia cinese ha faticato a riprendersi dai lunghissimi lockdown dell'era della pandemia, e nel frattempo, il settore immobiliare è un disastro. Dal 2021 la Cina sta spostando gli investimenti dal settore immobiliare a quello manifatturiero, e cerca di legare gli altri paesi asiatici alla sua catena di approvvigionamento. Ma questo aumento della quota manifatturiera del PIL cinese può essere assorbito dal resto del mondo solo riducendo la produzione manifatturiera.
Quindi, altri anni di crescita elevata in Cina sarebbero possibili solo se il Paese attuasse una profonda ristrutturazione della sua economia, in cui un ruolo molto più importante per i consumi interni sostituisca l'eccessiva dipendenza dagli investimenti e dall'industria manifatturiera.
L'Occidente è economicamente molto più potente dell'Oriente, ma fatica ad agire come un blocco unico, e una rielezione di Trump provocherebbe un'ulteriore frattura in Occidente; la Cina potrebbe così tentare di “scippare” alleati.
Stop alla pirateria petrolifera
Un nuovo piano dell'Unione Europea prevede che la Danimarca sia responsabile dell'ispezione delle petroliere russe che transitano nelle sue acque, per rendere efficace il tetto al prezzo del petrolio russo introdotto dal G7. Lo scopo è ridurre le entrate russe che vengono poi utilizzate per portare avanti la guerra contro l'Ucraina.
Il price cap prevede che si forniscano servizi di navigazione, assicurazioni e si permetta l'attracco solo alle navi che hanno acquistato petrolio russo a un prezzo inferiore ai 60$. Tuttavia, come ci siamo già detti, il Cremlino sta sostanzialmente aggirando la norma: utilizza compagnie assicurative non occidentali, usa “flotte ombra” di petroliere non registrate e aggiunge altri costi al petrolio. Così le entrate della Russia scendono meno di quanto si desiderava.
Il greggio è l'esportazione più rilevante della Russia, una parte fondamentale dell'economia russa. E il 60% delle esportazioni russe di petrolio via mare (circa 2 milioni di barili di petrolio al giorno) esce dai porti del Mar Baltico vicino a San Pietroburgo. Per arrivare in qualsiasi altra parte del mondo, devono transitare per gli stretti danesi.
Quindi, l’idea è che il governo danese controlli che ogni singolo barile di petrolio che viene spedito dalla Russia sia conforme al limite massimo. E se una nave si rifiuta di fermarsi? I militari danesi dovrebbero fermarla fisicamente?
Il diritto del mare delle Nazioni Unite consente essenzialmente la libera circolazione ovunque. Tuttavia, ci sono clausole che consentono agli Stati costieri di fermare e potenzialmente trattenere le navi che ritengono rappresentino un pericolo (e una copertura assicurativa dubbia, con il rischio di perdita di carico inquinante in mare lo è).
Lo scopo di queste mosse è solo di rendere sempre più complicato e costoso cercare di aggirare questo limite, il disincentivo per le compagnie petrolifere e le raffinerie di usare il petrolio russo salirà sempre di più. Questo è l’effetto che il G7 vuole ottenere: non la resa alla prepotenza, ma una campagna economica e non cruenta, efficace anche a lungo termine.
AI, chip e limiti all’export
Le aziende USA desiderano continuare a vendere in Cina, la Casa Bianca può solo imporre che non commercializzino in Cina le tecnologie più avanzate.
Nvidia sviluppa 3 nuovi chip per la AI per il mercato cinese, compatibili con i limiti USA all'export
Intanto ARM, che ha presentato numeri deludenti, si sta attrezzando per continuare a dominare il mercato dei chip con accordi di primissima scelta
Si fa un gran parlare degli LLM (Large Language Models) come ChatGPT, ma Microsoft, in partnership con OpenAI, sta esplorando anche altre strade: gli SLM (Small Language Models), applicazioni più verticali e con potenziale di aumento produttività più elevato.
OpenAI ha presentato un approccio rivoluzionario: anziché aspettare che ciascuno fornisca il proprio plug-in per trasformare chatGPT in un supermotore di ricerca onnisciente, ribalta il tavolo e si propone come fornitore di chiunque voglia creare una propria versione di chatGPT, addestrarla ad una specifica competenza ed eventualmente renderla accessibile ad altri.
In pratica OpenAI può diventare una piattaforma analoga all’Applestore, che fornisce l’elemento di base per programmare applicazioni utili e fa profitti su un crescente mercato animato dalla libera iniziativa di tutti i partecipanti.
L’analogia con Apple è pertinente, sull'approccio a un nuovo mercato e a una nuova piattaforma di distribuzione (gli smartphone allora, gli LLM oggi). Questa strategia ha certamente funzionato per Apple, vediamo dove stanno le differenze:
Il mercato della AI generativa si sta evolvendo molto più velocemente di quanto non facesse la telefonia mobile nel 2007.
Mentre le app erano l'unica interfaccia utente per il mobile, non è ancora chiaro se questi SLM saranno l'interfaccia giusta, potrebbero emergere altre modalità.
Apple è sempre stata focalizzata sui consumatori finali, mentre OpenAI è nata come azienda di ricerca per sviluppare soluzione per le imprese, e ora vuole raggiungere i consumatori.
La telefonia mobile è stata una corsa a due tra Apple e Google quasi fin dall'inizio. È chiaro che il panorama dell'AI generativa è molto più complesso.
Per ora, OpenAI assomiglia alla Apple del 2008, ma le cose possono ancora cambiare. Nel frattempo il suo fondatore, Sam Altman, ci regala la sua visione: una estensione della “Legge di Moore” a tutto ciò che non è informatica.
Nei prossimi cinque anni, i programmi informatici leggeranno documenti legali e daranno consigli medici. E nei decenni successivi faranno quasi tutto, comprese le nuove scoperte scientifiche che amplieranno il nostro concetto di “tutto".
E’ più una promessa che una previsione. OpenAI sta costruendo un futuro in cui l'intelligenza artificiale farà "quasi tutto". Ma è questo il futuro che vogliamo? Siamo abituati a identificare noi stessi rispondendo alla domanda “Cosa fai nella vita?”: come potremo trovare un senso in un mondo in cui il lavoro umano è sempre più svalutato?
La discussione dell’intreccio tra tecnologia e morale umana è aperta anche alla tua partecipazione:
Te lo ricordi Cameron?
Il Primo Ministro britannico Rishi Sunak ha attuato un “rimpasto” di governo: ha licenziato il suo segretario agli Interni, Suella Braverman, e ha riportato in auge uno dei suoi predecessori, David Cameron, che era uscito di scena dopo il referendum sulla Brexit del 2016.
E’ un segnale agli elettori moderati che non si sentono rappresentati, un tentativo di rendere di nuovo votabile il partito conservatore, tornando all'approccio dei primi anni 2010, abbandonando la deriva a destra che abbiamo visto negli ultimi anni.
I sondaggi oggi stimano un misero 24% di consensi: il partito conservatore potrebbe quindi ottenere un risultato così negativo alle prossime elezioni da essere praticamente spazzato via, nel sistema bipartitico inglese, non sarebbe più il secondo partito.
Gli elettori britannici sono diventati volubili: i tempi della militanza politica, in cui si vota il rappresentante del “proprio” partito, sembra finito. La Brexit, l’inflazione e i vari shock geopolitici hanno stremato l’elettorato che sempre più spesso quando vota desidera solo “cambiare”.
Prezzi del petrolio in frenata
Quando all'inizio di ottobre è iniziata la guerra tra Israele e Hamas, i prezzi del petrolio hanno subito un'impennata, come ci si aspetterebbe da un conflitto in Medio Oriente. Ed erano saliti saliti per tutta la fine dell'estate, sulla scorta di una atteso aumento di domanda e delle restrizioni alla produzione annunciati da Russia e Arabia Saudita. Ma ora i prezzi del petrolio sono tornati ai livelli più bassi da luglio, siamo a 77 dollari al barile.
Sebbene Israele non sia un produttore di petrolio significativo, si temeva che il conflitto potesse espandersi, coinvolgere altri Paesi del mondo arabo, forse l'Iran, forse l'Arabia Saudita, e causare un'enorme interruzione delle forniture.
Ma il lavoro diplomatico degli USA, in particolare del Segretario di Stato Antony Blinken, ha cambiato questa aspettativa: il mercato ha deciso che la prospettiva di un conflitto di tutta l’area mediorientale era un'ipotesi sopravvalutata.
Con i dati economici negativi, la domanda di petrolio appare più debole del previsto. La possibilità di una nuova recessione, ovviamente, sarebbe estremamente negativa per i mercati petroliferi: quando le economie si indeboliscono, si indebolisce anche la domanda di petrolio.
Solo poche settimane fa, molti analisti vedevano che il petrolio stabilmente in area 100 dollari al barile, ma dopo aver toccato circa 98 dollari al barile, ha iniziato a scendere. E questa debolezza potrebbe continuare.
Scorte di carbone
Dopo le operazioni di Exxon (su Pioneer) e di Chevron (su Hess) continua la stagione delle fusioni e acquisizioni nel settore energia (come vi avevo anticipato, si tratta di un trend ben strutturato): sono serviti 6 mesi di trattative a Glencore per concludere un accordo da 9 miliardi di dollari per acquistare le attività di carbone della canadese Teck Resources. L’operazione si realizza come consorzio: Glencore, con 6,9 miliardi $ rileva una partecipazione del 77% nell'azienda, il resto sarà di proprietà della giapponese Nippon Steel e della sudcoreana Posco.
Inizialmente Glencore si era offerta di acquistare l'intera Teck, ma era stata respinta dal consiglio di amministrazione dell'azienda canadese. La decisione di acquisire attraverso un consorzio le attività carbonifere di Teck potrebbe preannunciare lo scorporo da parte di Glencore delle attività legate al carbone (e acciaio) in una società separata.
Curiosità
Un interessante pezzo su Nature, dedicato al tema “usare la AI per comprendere il funzionamento del cervello umano”.
La Agenzia Spaziale Europea ci segnala che la AI riesce a mappare gli iceberg 10mila volte più velocemente degli umani.
In un nuovo studio pubblicato sulla rivista BioScience, vengono analizzati i 35 segni vitali planetari utilizzati per tracciare il cambiamento climatico. I ricercatori evidenziano che 20 dei 35 segnali hanno raggiunto nuovi estremi. Calura insopportabile, eventi meteorologici estremi e frequenti, scarsità di cibo e di acqua dolce, innalzamento dei mari, aumento della genesi di malattie, incremento dei disordini sociali e dei conflitti geopolitici: le conseguenze dovute al cambiamento climatico sono già una realtà e la traiettoria è di ulteriore peggioramenti.
Come forse avrete intuito, il libro che vi consiglio questa settimana è a contenuto tecnologico: "Potere e Progresso" (di Acemoglu e Johnson) mette in discussione l'idea che il progresso tecnologico sia sempre positivo per la società. La tesi del libro è che, storicamente, il progresso tecnologico avvantaggia l’élite a spese dei salariati.
Buon weekend con Rickie Lee Jones, che ascolto spesso mentre scrivo; una cantautrice eclettica in grado di intrecciare jazz, folk, rock e R&B in canzoni con una spiccata sensibilità pop. Debutta nel 1979 e ha continuato ininterrottamente a produrre musica. Il disco di quest’anno, zeppo di cover, si chiama “Pieces of Treasure”.